La Diocesi ambrosiana ha annunciato oggi che sono 80 le parrocchie pronte a mettere a disposizione locali e appartamenti per l’accoglienza dei profughi. Ad un mese e mezzo dagli appelli di Papa Francesco e dell’Arcivescovo Angelo Scola, è arrivata la risposta della rete diocesana. Oltre ai parroci, si sono fatti avanti anche 14 istituti ed enti religiosi che si sono dichiarati pronti ad aprire le porte. E a rispondere alle parole del Pontefice e del Cardinale sono state anche cinque famiglie singole che, sentendosi interpellate direttamente, hanno voluto mettere a disposizione della Caritas, gratuitamente, case sfitte di loro proprietà.
“Siamo molto colpiti dal senso di responsabilità mostrato dalle comunità ecclesiali, che ci consentirà di offrire un ulteriore concreto contributo alle istituzioni civili”, ha sottolineato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana. “Quello che sta prendendo forma non è solo un piano di accoglienza diffusa, ma anche condivisa. Ossia voluto e pensato dai parroci insieme ai loro collaboratori laici che siedono nei consigli pastorali. Un lavoro che richiede i suoi tempi, ma che è il solo che consente di superare diffidenze e paure e, alla fine, anche di avviare effettivi percorsi di integrazione per gli ospiti. Trasformando un problema in una risorsa per tutti”.
Il 20 ottobre, a Milano, si chiuderà il bando pubblico. Se a vincerlo saranno le cooperative della Caritas a cui i parroci hanno affidato gli immobili, potranno arrivare i primi ospiti. Continua nel frattempo l’analisi sul resto del patrimonio immobiliare concesso dalle comunità ecclesiali e, contemporaneamente, la ricerca di nuove disponibilità.
Ma come funzionerà, concretamente, l’accoglienza?
Secondo il piano diocesano, tutti gli immobili messi disposizione saranno ceduti in comodato gratuito alle cooperative della Caritas Ambrosiana, che, in base alle convenzioni stipulate con le prefetture competenti, assolveranno agli obblighi di legge previsti. Ossia: fornitura di vitto e vestiti, accompagnamento legale, alfabetizzazione, avvio di percorsi di inserimento lavorativo. Sarà questo il pilastro da cui partire per promuovere un’accoglienza effettiva nei territori. Un’accoglienza che sarà basata soprattutto sul volontariato, senza usufruire di alcun aiuto pubblico, secondo un modello già sperimentato, per esempio in occasione dell’emergenza Nord Africana del 2011.
Continua, intanto l’accoglienza dei profughi nei centri gestiti dalle cooperative Caritas. Un sistema che può contare su 781 posti in strutture diocesane (456 posti – suddivisi in 25 strutture – in convenzione con le Prefetture, 325 – in 18 strutture – all’interno del Sistema di protezione per richiedenti asilo nazionale Sprar).