Nell’ambito di un panorama editoriale che propone ai lettori una scelta vastissima per generi e per quantità, troviamo storie che non riescono a resistere all’usura del tempo nemmeno per un periodo breve, e altre che, malgrado il trascorrere degli anni o dei secoli, non perdono il proprio valore e continuano ad avere qualcosa da comunicare a chi si accosta ad esse: perché succede, e come mai, nel nostro ruolo di lettori, ci può accadere di essere a disagio di fronte ad un testo?
Questo breve saggio sulla letteratura parla di questo e di molte altre cose, in esso Giuseppe Lupo, professore di letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e di Brescia, saggista e scrittore di numerosi romanzi, fra i quali ricordiamo L’ultima sposa di Palmira, premio selezione Campiello nel 2011, e il più recente L’albero di stanze, propone la sua visione della letteratura; partendo dal presupposto che ogni genere di scrittura è “il frutto di uno sforzo creativo e critico (di immaginazione e di interpretazione)” da parte dell’autore, invita i lettori ad avvicinarsi alle opere con umiltà, senza pregiudizi, e a guardare ad esse con “la giusta dose di incanto”, senza dimenticare, però, di munirsi degli strumenti culturali necessari per interpretare un testo. Per ciò che riguarda la capacità di una creazione letteraria di resistere nel tempo, analizza l’Odissea di Omero come opera che ritiene strutturata in modo moderno; già nell’incipit, infatti, il poeta anticipa ai lettori quello che sarà il finale della storia, spostando l’attenzione dall’attesa della conclusione della trama per focalizzarla sul viaggio stesso, ovvero sul percorso che Ulisse deve compiere per arrivare a quella conclusione già annunciata.
In merito ai narratori moderni, Lupo spiega che dopo la fine della letteratura ottocentesca, che aveva come obiettivo l’identità nazionale, e in seguito ai cambiamenti della società attuale, che ha visto il sopravvenire di fenomeni come la globalizzazione dei mercati e le migrazioni dei popoli, essi si sono trovati ad affrontare la sfida di ricostruirsi “un’identità individuale e collettiva, dopo un secolo che ha volutamente disperso o dilapidato qualsiasi tipo di certezza”. Il tratto che sembra accomunarli è la ricerca di chiarezza in un universo letterario postmoderno, poiché, per sopravvivere, la narrativa deve muoversi dallo stallo e cercare soluzioni dinamiche, adeguandosi al cambiamento e puntando l’attenzione proprio su ciò che esso comporta in ambito sociale, culturale e antropologico.
Fra i vari temi affrontati, l’autore fa una panoramica sulla letteratura italiana legata alla terra di appartenenza degli autori; sul romanzo apocalittico, nato negli anni Settanta, e sul suo sviluppo da allora ai giorni nostri; ancora, troviamo una sintesi dell’evoluzione subita dalla letteratura che narra di condizione operaia e di vita nelle fabbriche, che ritiene si siano si sono trasformate, nel corso del tempo, da luoghi di alienazione a luoghi di un’utopia mancata.
Un’opera breve eppure esaustiva, che approfondisce alcuni temi interessanti della nostra letteratura in modo fluido e fruibile, e ha il merito ulteriore di offrire spunti di lettura, ricordando opere di narratori italiani di grandissimo spessore, come Raffaele Crovi, Sebastiano Vassalli e Raffaele Nigro, e con essi tanti altri.
Destinato a chi ama la letteratura e la lettura in generale, questo saggio può offrire, a chi voglia leggerlo, la possibilità di accostarsi, da quel momento in poi, ai testi letterari con una maggiore consapevolezza.
Valeria Savio