“Munch. Autoritratto su carne” andrà in scena dal 9 al 12 maggio e si tratta di una produzione della Compagnia Teatro Binario 7.
Un urlo, un grido, uno spostamento della realtà dai contorni inafferrabili, un tormento che nasce in noi e si espande sulla vita intorno a noi. Questo non è Munch, o meglio: non è solo Munch. È l’intero Novecento che si apre su queste premesse. Dio è morto, le guerre indossano per la prima volta nella storia l’aggettivo “mondiale”, Freud ha cominciato a mischiare e confondere le carte, la modernità è sinonimo di grandezza, di volontà, di spinte propositive. Ma anche di isolamento, di nuovi paradigmi della paura, di nuovi contorni dell’anima.
Tutto si trasformerà nel Novecento, tutto perderà il suo senso riconoscibile e oggettivo per trovarne un altro, meno afferrabile, meno riducibile, più potente e anche più pericoloso. Una trasformazione che porterà alla realtà di oggi, che tutti noi conosciamo e subiamo, la Realtà Liquida, così come viene seducentemente definita. Ricca di libertà e possibilità, e allo stesso tempo inafferrabile e molteplice.
Oggi sappiamo di essere parte di un tutto, così come ce lo insegna la biologia evolutiva, la fisica quantistica, le scienze comparate o gli assunti religiosi. Un tutto che non possiamo controllare, che non siamo ancora in grado di misurare. Troppe informazioni, troppi punti di vista, troppi interrogativi, troppe immagini, troppi occhi, troppi sinonimi, troppa musica, troppi dubbi, troppi passi. Stiamo realmente andando dove dovremmo andare, siamo nella direzione giusta, stiamo sbagliando i punti di riferimento o non ci stiamo muovendo affatto?
Questo Tutto o smarrimento del Tutto, di un insieme che diviene attimo e atomo assoluto, che sa sprigionare potenza e bellezza e orrore insieme, è tutto già impresso nelle anime di quegli artisti che sono in empatia con il mondo, qualunque sia il volto che il mondo sta assumendo. Artisti che sanno aprire nuovi spazi mentali ed emozionali, sensoriali e mistici. Artisti che hanno in sé il dono di un gesto, un suono, un colore, una parola nuova. Che si chiami poesia, quadro, musica, danza o matematica pura. Sono forme ispirate che abitano le anime sensibili. Artisti che non possono essere altro da sé. Vittime di tormenti e stupori. Vittime di magie interne e paure insostenibili. Uomini al cospetto di un mondo bellissimo e terribile, uomini che avvertono dentro di sé l’incertezza, la vertigine, la nausea e lo schifo di una vita possibile, ma che riescono a regalarci con la loro potenza ispiratrice panorami bellissimi.
Giovedì 9 dopo lo spettacolo la storica dell’arte Simona Bartolena converserà con Corrado Accordino e con il pubblico sulla figura di Edvard Munch e sulla sua influenza nella cultura del XX secolo.