
di Alessandro Arndt Mucchi
Cosa vuol dire quando muore un amministratore delegato e la gente piange? Lacrime finte, lutto social con cambio della foto profilo su Facebook e condivisione di anacronistiche catene via mail, o sincera commozione? Quando è morto Satoru Iwata, CEO e Presidente di Nintendo (Super Mario, il Game Boy, il Wii), il lutto ha colpito tutta l’industria dei videogiochi, diventando quello che forse è il primo momento di collettivo dolore per un settore relativamente giovane. Un po’ come Steve Jobs di Apple, anche Iwata era più di un capo d’azienda, era guida e ispirazione, ma perché?
Cominciamo da lontano, da quel 1889 che vede nascere Nintendo, azienda attiva nella produzione di carte da gioco. Capita spesso che i marchi nipponici cambino business o abbiano un’offerta eterogenea (pensiamo a Yamaha che va dalle moto da corsa agli strumenti musicali), e succede anche a Nintendo che ci mette quasi un secolo per arrivare nel settore videoludico nel 1974, ma sempre sotto la guida della famiglia Yamauchi. Una gestione famigliare interrotta solo nel 2002 quando Satoru Iwata, classe 1959, diventa Presidente e CEO dell’azienda raccogliendo il testimone da Hiroshi Yamauchi, preparandosi alle mosse commercialmente più rilevanti per un’impresa in fase calante.

Un amministratore delegato, insomma, che però conquista rapidamente il cuore della stampa di settore e soprattutto del pubblico di appassionati. Nintendo è un po’ come Apple, ha quella che si chiama una “fanbase”, una claque di milioni di persone quasi innamorate del marchio e dei suoi prodotti. Iwata riesce a parlare a queste persone offrendo un volto umano e ammorbidendo il rapporto tra azienda e consumatori: si presenta personalmente in video e racconta delle ultime novità, conduce una serie di interviste ai programmatori dei giochi nuovi nelle quali svela retroscena e cerca, goffamente forse, di non fare caso all’evidente timore reverenziale dei suoi dipendenti. “Per il mio biglietto da visita sono un presidente d’azienda,” diceva Iwata. “Nella mia mente sono uno sviluppatore di videogiochi, ma nel cuore sono un giocatore.”
A volte Iwata c’azzecca, come con le due console per giocare DS e Wii (ricorderete quella col tennis promossa in Italia da Panariello), altre sbaglia completamente, come con l’ultima macchina nipponica presentata nel 2013 con tanto di guantini bianchi, il Wii U, fiasco tra i più grandi nella storia di Nintendo. La console non vende quanto sperato, il rapporto con le altre aziende del settore si incrina sempre più, e Nintendo da sola non riesce a produrre abbastanza giochi per soddisfare le pressanti richieste dei suoi utenti, al punto che Iwata in uno dei suoi video si scusa con un inchino e una frase che entrerà nel linguaggio comune del settore: “Please understand”, per favore capite.
La Grande N, così chiamano Nintendo i suoi più affezionati sostenitori, è in difficoltà. Gli azionisti spingono per una rivoluzione, sono alla ricerca di qualcosa che ripeta il grande successo della console Wii e insistono per la creazione di videogiochi per smartphone e tablet di altri produttori, una decisione sofferta che va contro alle politiche autarchiche dell’azienda, ma che Iwata è costretto a prendere. Arriviamo ora allo scorso giugno, si tiene a Los Angeles la più grande fiera di settore e Nintendo è attesa al varco. Microsoft e sopratutto Sony registrano successi e apprezzamenti dagli addetti ai lavori con le loro novità, ma l’azienda di Iwata si presenta monca in California, con pochi prodotti e dando l’impressione di essere allo sbando. C’è qualcosa che non va, è quasi inspiegabile un atteggiamento del genere e le parole di biasimo si sprecano anche se qualcuno già dà l’allarme: Iwata non è venuto in fiera, e le voci di corridoio sulla sua malattia diventano sempre più pressanti.

Le sue apparizioni pubbliche sono diminuite nell’ultimo anno, si sapeva di un tumore ai dotti biliari che però era stato sconfitto già nel 2014, o almeno questa era la versione ufficiale. Da un lato la stampa specializzata e gli appassionati non possono trattenere le critiche verso gli ultimi anni della sua gestione, ma dall’altro c’è apprensione per quello che si teme possa succedere, e che infatti succede.
Lunedì 13 luglio arriva l’annuncio ufficiale, con uno striminzito comunicato Nintendo conferma la dipartita di Satoru Iwata per un ritorno della massa tumorale, sconfitta solo in parte l’anno prima. L’industria tutta è paralizzata. Si fermano i reparti marketing, le figure chiave delle aziende concorrenti affidano a Twitter le condoglianze e Nintendo stessa entra in silenzio stampa affidando la sua comunicazione ad una sola, fortissima immagine: la bandiera a mezz’asta nella sede centrale di Kyoto, sullo sfondo un palazzone grigio che si mescola con il cupo colore del cielo.
Nell’era della comunicazione a tutti i costi, diktat valido soprattutto per un’industria che ha un rapporto strettissimo con i suoi consumatori, il silenzio fa impressione, e allora sono proprio i giocatori a dare la risposta più forte. Gli americani vanno in pellegrinaggio alla sede statunitense di Nintendo e depongono fiori, fotografie, disegni e ricordi. I russi fanno la fila fuori dall’ambasciata giapponese a Mosca che è costretta ad allestire un tavolo per raccogliere il dolore dei suoi fan. Scene del genere si ripetono un po’ in tutto il mondo, ma è chiaramente la piazza virtuale di internet a raccogliere la grande maggioranza delle condoglianze.
Dura quattro giorni il lutto della Grande N, fino a quando il 17 luglio viene rotto il silenzio stampa con un breve comunicato diviso in tre cinguettii su Twitter, non pensato per i giornalisti, ma per i giocatori: “Grazie per la vicinanza dimostrataci. Leggere i vostri ricordi di Mr Iwata è stato commovente e ci ha aiutati in questi giorni difficili. Mr Iwata ci mancherà moltissimo, ma ci impegneremo al massimo per onorare l’incredibile eredità che ci ha lasciato. Please understand: siete i migliori fan del mondo.” E a chiudere il tutto la foto simbolo di una gestione aziendale a tu per tu con i giocatori, “direttamente per voi”, come diceva Iwata affiancato da Mario e Luigi quando trasformava in realtà i sogni di milioni di giocatori nel mondo.