Ho assistito all’intervista ad Arséne Duevi realizzata dalla redazione Scaccomatto, un progetto di al Stellapolare insieme al giornale online il Dialogo di Monza, progetto sostenuto dalla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza.
Ci sono andata spinta dalla curiosità di sapere qualcosa di più del nostro maestro. Infatti canto nel Coro Musicamorfosi, il gruppo canoro di cui Arséne è il direttore.
Credo che ad averlo come maestro già si “sentano” tante cose di lui, ma grazie all’intervista, la parola ha reso alcune cose più esplicite.
Vi racconto qualcosa di quello che ricordo e ciò che mi ha colpita.
I redattori di Scaccomatto hanno preparato alcune domande sulla vita del musicista e a cui Arséne non si è tirato indietro nel rispondere. Quando è perché il tuo incontro con la musica? Perché sei venuto in Italia? Che cosa pensi dell’Italia? Quali sono i temi della tua musica?
Lui ha risposto prendendosi tutto il tempo necessario: ha anche detto che quando si va in un paese straniero, in cui tu sei un extra- comunitario (extra-terrestre!?), la prima cosa da fare è imparare molto bene la lingua perché capire e farsi capire è importantissimo.
Poi ha parlato di integrazione riportando il detto al suo paese: un tronco di baobab può stare anni nell’acqua, ma non diventa mai un coccodrillo.
Lui è in Italia, dal Togo ha dovuto andarsene 10 anni fa, ma se potesse tornerebbe di corsa al suo paese.
La musica in Africa non si può non incontrare, è parte della vita quotidiana: ma ci sono stati vari momenti di incontro in cui Arsene ha via via capito che la musica poteva diventare molto importante nella sua vita..Intrecciandosi strettamente con il suo interesse di sociologo.
Quanto ai temi, il primo di cui ha parlato è la giustizia sociale, del tutto mancante al suo paese, dove pochissime famiglie hanno in mano tutta la ricchezza.
Avere quanto basta a fare una vita dignitosa è la cosa più importante.
Quanto all’Italia, noi diamo la sensazione di vivere in una “gabbia”: siamo un paese di grandi bellezze, a cominciare dall’architettura. Ma non siamo capaci di valorizzarle e di valorizzarci. Crediamo di essere furbi, ma sono molto più furbi i francesi: se avessero un capolavoro come la Corona Ferrea, e ha una storia antichissima, milioni di persone andrebbero a vederla.
Comporre e cantare musica del tuo paese, nella tua lingua madre, ti permette di esprimere qualcosa di più profondo. E cantare in Italia musica del Togo con coristi italiani diretti da un nero è una bella forma di integrazione..
A metà dell’intervista chi ha voluto (e parecchi hanno accettato!) ha partecipato a un coro improvvisato a tre voci, suoni e ritmi nati al momento
Bello, bel clima e belle parole. Credo che i ragazzi di Scaccomatto scriveranno un articolo per cui sapremo qualcosa in più.
Elena Ferrario
Corista Musicamorfosi
foto di Walter Bellocchi
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