di Paola Biffi
Il 24 febbraio, in un’aula della casa circondariale di Monza, alla presenza di circa 100 detenuti, si è tenuta la presentazione di “CO2”: il progetto, di Franco Mussida e alcuni collaboratori, consiste nell’installare in alcune carceri italiane un’audioteca digitale attraverso cui i detenuti possano ascoltare la musica a seconda del loro stato d’animo. Se inizialmente l’iniziativa ha coinvolto 4 carceri sperimentali, tra le quali Monza, oggi è estesa a 12 carceri in Italia, e sta diventando un progetto europeo, riconosciuto anche come metodo trattamentale in luogo di detenzione.
L’audioteca, come spiega lo stesso Mussida, è stata infatti pensata per aiutare chi ascolta a liberarsi dalla “carcerazione interiore”, da uno stato emotivo bloccato, rinchiuso tra le barriere dell’errore, della propria storia di vita, del proprio racconto: secondo i sostenitori di CO2 la via d’uscita da un tale stato può essere aperta dalla musica. “Aprirsi al mondo sentendo il mondo”, ascoltando le note e il ritmo di voci lontane e, nel contempo, sentirsi di nuovo a casa, dato che la musica selezionata dai Pad che permettono di ascoltarla proviene dalle varie parti del mondo, e la stessa app dell’audioteca è tradotta in 8 lingue differenti.
La musica ha lo straordinario potere di permettere un viaggio a chi è rinchiuso tra 4 mura, tanto mentali quanto, nel caso della detenzione, fisiche, tangibili e pesanti: crea leggerezza, e permette a chi l’ascolta di entrare e uscire da sé stesso, di rispecchiarsi nella sonorità e, così, scoprirsi fragile, arrabbiato, felice, malinconico, amichevole o chiuso. Per questo, l’audioteca seleziona un elenco di brani a seconda dello stato d’animo scelto dal detenuto, in modo tale da aiutare a comprendersi e a liberare le proprie emozioni che, secondo Mussida, sono ciò che differenzia la musica dal rumore, e l’uomo dal regno animale: “siamo uomini in quanto esseri che sentono la complessità del mondo, e la musica è il mezzo che riconduce tutti alla nostra essenzialità, all’essenza dell’umano”.
La presentazione del progetto ha coinvolto i detenuti direttamente, proponendo un piccolo gioco in cui il pubblico ascoltava, dal vivo o registrati, dei brani musicali, per poi scegliere tra una serie di sentimenti quello che quel brano aveva suscitato in ognuno. Dal gioco, tanto semplice quanto impegnativo, perché comunque richiedeva la condivisione di un sentimento personale, si è visto come alcuni suoni stimolino più o meno determinate e simili emozioni, altri invece restano molto soggettivi.
I detenuti hanno partecipato all’attività con entusiasmo e curiosità, dimostrando di aver colto il senso dell’intero progetto, che è pensato per la loro particolare situazione, ma coinvolge chiunque, proprio perché la musica riesce a comprendere tutte le diverse storie di vita in un’unica melodia. “Nonostante viviamo in un’epoca in cui i bisogni del cuore non sono soddisfatti”, ci dice Mussida, “la musica fa nascere in noi delle correnti emotive, mettendo in circolo i nostri sentimenti” cosicché il ritmo del brano diventa il ritmo della nostra anima, e la nostra anima diventa il ritmo della nostra vita.
Il progetto CO2 offre ai detenuti un nuovo linguaggio, la possibilità di esprimere la parte più intima, più viscerale e leggera di sé stessi, in un momento privato che però si apre al mondo e all’umanità: dimostra che la libertà, anche se è negata, può essere cercata altrove.