di Daniela Annaro
Metti un monastero francescano del XV secolo in alta Brianza, ristrutturato e di grande suggestione. Diciassette artisti noti per il loro impegno civile e per la capacità di portare l’arte fuori dai circuiti tradizionali. Un’amministrazione comunale sensibile e aperta alle iniziative non commerciali e di consumo (come il sindaco Bruno Crippa e il suo giovane assessore alla cultura Andrea Spanu) e… il gioco è fatto. Sembra apparentemente molto semplice messa così, perché sono tre “ingredienti” rarissimi in tempi come questi, tra crisi economica e vuoto di idee e di valori.
Consiste proprio in questo la riuscita della mostra “Natura pacis” al Monastero di Santa Maria della Misericordia a Missaglia, Lecco (fino al 30 aprile). A dire il vero al confine tra Monticello Brianza e Missaglia. E’ il Gruppo Koiné a essere protagonista di questa iniziativa.
Un gruppo formatosi 22 anni fa a Lissone per volontà di cinque/sei artisti. Koiné si sono definiti, ovvero comunità che adotta un linguaggio comune su un determinato territorio. Un linguaggio che poggia su valori condivisi, che guarda alla contemporaneità con la volontà di esserne protagonista, di poter dire la propria al di là del pensiero dominante e superficiale.
Una grande ambizione. Ci sono riusciti? Chiederete voi. Forse sì, se guardiamo questa mostra: la loro coerenza e pazienza ha generato buoni frutti. La rassegna è ospitata in un luogo magico per la storia passata, luogo rinvigorito proprio dalla presenza dei manufatti di arte contemporanea.
Varcata la soglia, la prima opera sulla sinistra è di Enzo Biffi, presente fin dai primi vagiti di Koiné. Quattro accoglienti amache in vetroresina sorrette da una lunga corda, di quelle usate dai barcaioli sui moli di Lampedusa o di Porto Palo, in Sicilia, porti degli sbarchi di migranti. SALUS si intitola il suo lavoro: salvezza, salute, nel senso di benessere fisico e mentale. Un auspicio, una speranza.
Con infinita pazienza, Beppe Carrino ha “tessuto” la sua opera: tre grandi tele infiocchettate da centinaia di nastri bianchi graziosamente svolazzanti, effimeri e concreti. Sul prato del Chiostro, un labirinto di fili di alluminio conduce alle silhouette, ai profili delle nazioni di vari continenti. Sono allineate come in una sorta di marcia, una dietro l’altra: “dove va il mondo?” sembra chiedersi Marco Gaviraghi Calloni, autore di questo lavoro. Una domanda che quotidianamente ci poniamo e a cui tutti noi vorremmo trovare risposte tranquillizzanti.
Tegole impilate di Antonello Sala tracciano lo spazio dell’ex Refettorio del monastero francescano, mentre poco più in là Dario Cogliati ci invita a impossessarsi del sapere senza alcuna riverenza: ha completamente ricoperto il pavimento della sala con vecchi volumi di libri ed enciclopedie: invita il visitatore a non formalizzarsi, a prendere possesso della conoscenza camminandoci sopra.
Ermenegildo Brambilla si appella al Talmud, al grande libro di tradizione ebraica. Trentasei bocce di ferro in rappresentanza dei 36 giusti che secondo il testo giudaico in ogni epoca esistono sulla terra. Forse è molto meno pessimista Laura Cazzaniga, rappresentante del genere femminile insieme a Valeria Codara. Tre porte- senza maniglie né altro- bloccano le ex celle dei frati. Muri come quelli che oggi, troppo spesso, vengono costruiti.
Alla tradizione degli origami giapponesi fa riferimento il lavoro di Valeria Codara. All’interno della chiesa tardo barocca, sotto i frammenti degli affreschi rimasti – molti anche in epoche recenti sono stati vandalizzati e trafugati – ha disposto elegantemente milleduecento piccole gru: secondo la tradizione orientale chi realizza più di mille gru potrà sperare che i propri desideri di buona salute e prosperità si esaudiscano.
Giacomo Nicola Manenti dialoga con la sua opera sotto il bel portale della chiesa in pietra molera. In una gabbia due tronchi chiedono di essere liberati. Stefano Ghesini è originario del Veneto, su una foto stampata su pvc una veste talare rievoca i momenti del culto vissuti lì al monastero, prima che le truppe napoleoniche lo invadessero e che nel 1798 la Repubblica Cisalpina lo sopprimesse.
Il secondo piano del Monastero è in fase di ristrutturazione, ma questo non ha impedito a Mariangelo Cazzaniga di installare i suoi sacchi trasparenti e pieni di acqua purificatrice. Nelle ex celle dei frati conventuali sono sistemate le opere di Francesco Mariani, Piero Macchini e Antonio Scaccabarozzi, quest’ultimo scomparso nel 2008. Gli eredi, in ricordo della vecchia amicizia e condivisione con gli artisti di Koiné, non hanno esitato a offrire il loro contributo per la mostra Natura Pacis.