di Giacomo Laviosa
Martedì 19 luglio 1966. Nel piccolo stadio di Ayresome Park a Middlesbrough agli azzurri basta un pareggio per superare la prima fase eliminatoria. Ragionando con la testa non dovremmo avere alcun problema: c’è la Nord Corea. Gambe, cuore e polmoni invece puntarono sui nostri avversari.
Squadra di piccoletti, qualche tifoso inglese li definì “fantini”, la Corea aveva il suo… gigante nel terzino Shin Yung Kioo, alto un metro e 75. Giocavano con quattro difensori in linea, due centravanti di cui uno arretrato e tanta corsa. Ferruccio Valcareggi, allora assistente del commissario tecnico disse che correvano come tanti “Ridolini”.
Si parte con un buon piglio, e l’inevitabile supponenza. Perani, Bulgarelli e Mazzola, pur godendo della massima libertà, data la marcatura a zona degli avversari, concretizzano ben poco.
Pak Doo Ik, dentista solo sulla carta, dopo uno scontro, mette fuori causa Bulgarelli cui si riacutizzava un vecchio malanno al ginocchio.
Lo stesso Pak Doo Ik al minuto 42 indovina un tiro in diagonale da una quindicina di metri che non lascia scampo ad Albertosi. L’assedio degli azzurri alla porta difesa da Li Chang-Myung si fa massiccio: l’occasione migliore capita a Mazzola che giunto davanti al portiere, all’altezza del dischetto, mette a lato.
Finisce così. La nazionale azzurra lascia la competizione nel modo più inaspettato e doloroso. Una nuova caporetto, da allora una Corea.