di Francesca Radaelli
Diciassette obiettivi. Da raggiungere entro poco più di dieci anni. Sono i numeri dell’Agenda 2030, sottoscritta il 25 settembre 2015 da alcuni paesi (193 appunto) delle Nazioni Unite nella direzione del cosiddetto sviluppo sostenibile. Italia compresa.
Due parole, ‘sviluppo sostenibile’ , già da parecchio tempo in circolazione. Ma a cui l’Agenda 2030 ha avuto il merito di dare una concretezza tutta nuova. E così, se quattro anni fa eravamo all’inizio di un percorso sottoscritto sulla carta, oggi viene da chiedersi: a che punto siamo, nei fatti?
Una risposta si può cercare nel rapporto 2019 diffuso dall’ASviS, l’alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, ente nato in Italia, presieduto da Enrico Giovannini e che rappresenta un ‘unicum’ a livello internazionale. Dal report, che presenta il posizionamento dell’Italia, dei suoi territori e dell’Unione europea rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Agenda, emergono, ancora una volta, tutte le contraddizioni del nostro Paese. Da un lato, si registrano preoccupanti ritardi e la mancanza di una chiara strategia di attuazione dell’Agenda 2030; dall’altro, si rilevano segnali incoraggianti, come l’impegno del nuovo Governo a inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, a dotarsi di un’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile, a orientare le politiche a favore della green economy, dell’economia circolare e della lotta alle disuguaglianze, comprese quelle di genere.
L’Agenda 2030
Ecco gli (ambiziosi) obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Agenda 2030:
1-Sconfiggere la povertà
2- Sconfiggere la fame
3- Salute e benessere
4- Istruzione di qualità
5-Parità di genere
6-Acqua pulita e servizi igienico sanitari
7-Energia pulita accessibile
8- Lavoro dignitoso e crescita economica
9- Imprese, innovazione, infrastrutture
10-Ridurre le diseguaglianze
11-Città e comunicazioni sostenibili
12-Consumo e produzione responsabili
13- Lotta contro il cambiamento climatico
14- Vita sottacqua
15- Vita sulla terra
16- Pace, giustizia e istituzioni solide
17- Partnership per gli obiettivi
La posizione dell’Italia
Guardando ai dati più recenti, l’Italia mostra segni di miglioramento, tra il 2016 e il 2017, per nove Obiettivi (3, 5, 8, 9, 10, 11, 12, 16 e 17), una sostanziale stabilità si rileva per gli Obiettivi 4 e 13, mentre peggiorano gli indicatori relativi agli Obiettivi 1, 2, 6, 7, 14 e 15. Tra il 2010 e il 2017, invece, l’Italia mostra segni di miglioramento in nove aree: alimentazione e agricoltura sostenibile, salute, educazione, uguaglianza di genere, sistema energetico, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale.
Per sei aree, invece, la situazione peggiora: povertà, condizione economica e occupazionale, condizioni delle città, condizione dei mari, ecosistema terrestre e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide, mentre per i restanti due Obiettivi (acqua e disuguaglianze) la condizione appare sostanzialmente invariata.
Lombardia: buone notizie da Istruzione e Innovazione
Puntando la lente sulla nostra regione, restringendo quindi ulteriormente il campo, si può vedere che in Lombardia, a migliorare particolarmente nel periodo 2010-2017 sono gli Obiettivi 4 e 9. L’aumento del Goal 4 Istruzione di qualità è trainato dal miglioramento degli indicatori relativi alla percentuale di persone di 25-64 anni che hanno partecipato ad attività di istruzione e formazione nelle quattro settimane precedenti e della quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario. L’andamento positivo del Goal 9 Imprese, innovazione, infrastrutture è dovuto all’aumento del numero di ricercatori (in equivalente tempo pieno) e della percentuale di famiglie con connessione a banda larga fissa e/o mobile. A peggiorare è invece il Goal 8, Lavoro dignitoso e crescita economica a causa soprattutto del peggioramento degli indicatori riguardanti la quota di part-time involontario sul totale degli occupati e il tasso di crescita annuo del PIL reale per occupato.
Allargando nuovamente lo sguardo un’ultima nota positiva, rimarca ASviS, è la centralità che l’Agenda 2030 sembra aver assunto nelle strategie della nuova Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen, la quale – come sottolinea Pierluigi Stefanini, Presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – “ha presentato un programma d’azione per i prossimi cinque anni che marca, nella giusta direzione, una chiara discontinuità rispetto alla titubanza della Commissione Juncker a fare dello sviluppo sostenibile l’architrave delle politiche europee e nazionali”. Il vento è cambiato per davvero? Intanto il 2030 è sempre meno lontano…L’agenda sarà rispettata?