di Roberto Dominici
Nel corso della nostra vita abbiamo tutti sentito parlare di disturbi psicosomatici o di medicina psicosomatica, quella branca della psicologia clinica volta a ricercare la connessione tra un disturbo somatico e la sua eziologia sempre di natura psicologica. Il suo presupposto teorico è la considerazione dell’essere umano come inscindibile unità psicofisica (da qui il richiamo alla medicina olistica); tale principio implica che in alcune forme morbose e finanche nel politraumatismo apparentemente accidentale, accanto ai fattori somatici giochino un ruolo anche i fattori psicologici.
L’interconnessione tra un disturbo e la sua causa d’origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all’interno della consapevolezza che mente e corpo sono strettamente legati in virtù dell’unità psicofisica. L’evoluzione, a partire dagli anni 70 del secolo scorso, delle conoscenze e degli studi ha condotto allo sviluppo di indirizzi più promettenti della ricerca in psicosomatica, grazie anche alla nascita di nuove tecnologie biomediche, che ha prodotto la disciplina scientifica denominata psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che ha l’obiettivo di capire le basi biomolecolari della comunicazione bidirezionale fra i tre sistemi endocrino, immunitario e sistema nervoso centrale, quale bilancia tra salute e malattia.
Le corpose basi teoriche e sperimentali della scienza PNEI rappresentano il cardine dell’interazione dell’assetto neuropsicologico e psicoemotivo con la sfera chimico-fisica e organica della vita biologica, in condizioni fisiologiche e patologiche; si può affermare che sensibile alle reazioni emozionali non è solo il sistema nervoso vegetativo ma anche, e notevolmente, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Lo psicologo Ferruccio Antonelli negli anni 80 iniziò a parlare di “brositimia”, letteralmente “sentimento ingoiato”. Secondo questo autore, le persone affette da disturbi di natura psicosomatica, presenterebbero difficoltà nel reagire alle avversità della vita, tanto che questo loro stile di vita risultò essere il principale responsabile delle loro sofferenze, la più chiara espressione della somatizzazione dell’ansia. “Mandare giù”, d’altra parte, ricorda il comportamento dello struzzo: non risolve i problemi ma li dirotta all’interno lasciandoli irrisolti.
La PNEI introduce un modello teorico, un paradigma di interpretazione dell’UOMO secondo una visione SISTEMICA (non più una visione riduzionistica) attribuendo un ruolo del sistema del distress nella etiopatogenesi della malattia.
Tra le discipline che hanno esercitato in me un notevole fascino, sin da quando mi appassionavo da studente di farmacologia di sicuro vi è proprio la PNEI, che nasce nella seconda metà degli anni Ottanta in seguito ad una scoperta sensazionale: il linfocita, cellula tipicamente immunologica, produce TSH, ormone ipofisario che regola il rilascio degli ormoni tiroidei. Oltre alla TSH, il linfocita produce numerose altre molecole ad attività neuroendocrina; esso, inoltre, è capace di ricevere segnali della stessa molteplice natura e pertinenza, ovvero espone dei recettori specifici per vari mediatori del sistema endocrino e del sistema nervoso centrale. In effetti, più genericamente, oggi è noto che non esiste una suddivisione netta, se non in senso didattico e classificativo, fra i mediatori dei tre sistemi di massima integrazione dell’organismo, cioè il cervello, il sistema immunitario che Edwin Blalock, pioniere di questa scienza, definì il “sesto senso” e il sistema endocrino diffuso, un vero e proprio “embedded system”.
Si può affermare che sotto il profilo funzionale, le citochine, i neurotrasmettitori e gli ormoni rappresentano una categoria di mediatori comuni ad un’ unica rete quella che io definisco regolazione integrata degli assi psiconeuroimmunoendocrini (ipofisi-tiroide, ipofisi-surrene, ipofisi-gonadi). Ogni cellula del sistema nervoso centrale (SNC), inclusa quindi i neuroni, la glia ed in particolare la microglia, è in grado di ricevere e produrre segnali dal significato biologico che si esprime funzionalmente nell’area prettamente immunitaria, così come è noto che avvenga il contrario, cioè che mediatori della risposta immune, aspecifica o specifica, caratteristicamente le citochine, influenzino circuiti prettamente encefalici, in genere con la finalità di incentivare la capacità di modulazione della stessa risposta immunitaria da parte del SNC.
Ancora, le molecole che siamo abituati a chiamare ormoni e quindi a considerare compartimentalizzati in un’area biologica di funzionamento endocrino, in effetti sono in grado di influenzare la risposta immunitaria e di agire in sinergia con il SNC e sistema immunitario (SI). In estrema sintesi, il sistema PNEI costituisce una rete integrata di autoregolazione che mira al mantenimento della omeostasi, ovvero di una costanza chimico-fisica, biologica e psicologica dell’ambiente interno (milieu interieur), in risposta a stimoli di varia natura, da infettivi a psicosociali.
Alla luce di quanto detto, un’efficace prevenzione delle malattie, in particolare di alcune, è realizzabile con un sistema di difesa PNEI performante e reattivo; si può infine affermare che lo stato psico-emotivo ed affettivo dell’individuo influenza o modifica il decorso di un evento patologico ed esiste un’infinita variabilità interindividuale ed anche intraindividuale alla base della possibilità di sviluppare o meno una data condizione patologica, basata sul principio dell’interazione fra fattori genetici ed ambientali verosimilmente sganciati dallo stesso assetto PNEI dell’individuo.