di Enzo Biffi
Una serata passata ad ascoltare Riccardo Gatti presso il circolo Arci di Calolziocorte (comune della provincia di Lecco), suo paese natale: ho pensato fosse una serata spesa bene e in effetti così è stato.
Con una biografia forse un po’ atipica ma non più di quanto la fatalità della vita riserva a noi tutti, Riccardo Gatti è stato ed è il comandante e capomissione della Open Arms. Si trova quindi, probabilmente suo malgrado, al centro di questa manciata di nuvole nere, dell’uragano mediatico che si abbatte quotidianamente sul mare della questione migranti.
Mentre qualcuno sposta un amplificatore nel cortiletto per consentire l’ascolto anche alle molte persone rimaste all’esterno della sala, apprezzo subito la scelta di Riccardo di non decantare valori universali, massimi sistemi, di non esordire con discorsi sulla necessità di accoglienza, sicuramente utili ma indubbiamente scontati per il pubblico presente. Il Capitano si limita, in una mezz’oretta, a leggere cronologicamente e senza retorica i report di bordo di quei venti giorni di mare passati in balia, lasciatemelo dire, del finire di una civiltà.
Mentre appare dalla sua fredda cronaca una macabra partita di ping pong – uno scontro colpo su colpo fra umani intenti e cinici calcoli politici – a me viene da pensare di non essere nemmeno troppo sorpreso da questo orrendo racconto. Mi guardo intorno e cerco nell’attenzione silenziosa del pubblico un moto di indignazione e di sorpresa senza trovarlo. Quanti incontri e racconti come questo ho dovuto sentire in questi anni? Di quante ingiustizie ho portato la bandiera al vento? Molte, moltissime e mai abbastanza per essere le ultime. Lo scontro fra poteri più o meno violenti a noi vicini o lontani, con le loro ragioni di stato, di casta, di equilibri internazionali e bla bla bla, è un mostro che non muore mai, uno zombie giustificato ogni volta da una falsa storia nuova, sempre più parziale, mezza falsa e spesso completamente inventata.
Ecco il pensiero che ci schiaccia il cielo in testa in questa sera d’estate dove, fra un lago e una montagna, l’ennesimo recinto resistente di persone normali non si vuole arrendere alla falsità delle versioni ufficiali. In questa, come in quasi tutte le vicende cannibalizzate dai media, siano esse ufficiali o meno, il vero è sempre più drogato perchè portato a spasso da persone che o hanno un interesse a caso per dire quel che gli fa comodo dire o con analfabetica arroganza spiegano all’universo-mondo, quello che non conoscono.
È un po’ perdersi in mezzo al mare e fidarsi dei consigli di chi nemmeno sa nuotare. Destino amaro del formarsi delle opinioni in questi anni. Pensieri costruiti sulla non conoscenza, sulla sommarietà e sulla preconcetta malafede, soluzioni a questioni epocali suggerite da improvvisati opinionisti del vuoto a perdere. Il sapere che diventa un difetto, la verità una velleità e l’umanità una colpa.
Il comandante Riccardo sta per chiudere la serata e io me lo immagino navigare su due mari distinti e tanto pericolosi quanto necessari: quello agitato di barbari interessi politici e quello calmo ma infido della menzogna. Calolziocorte ringrazia, Open Arms continua il suo lavoro, il pubblico presente torna a casa con un pezzetto di verità in più in tasca. In questo tempo troppo caldo, fa comodo anche un alito di fresco.