Innumerevoli le persone che si sono rivolte a Francesco Forgione meglio conosciuto come Padre Pio, frate cappuccino proclamato santo a Roma, da papa Wojtyla, in piazza san Pietro, il 16 giugno 2002. Una vita dura quella di Padre Pio non solo per la precaria salute, ma anche per i contrasti che le sue stigmate e le sue ferite hanno suscitato nella chiesa e tra i frati. Non deve esser stato facile per Francesco Forgione leggere che Padre Agostino Gemelli, frate francescano dei frati minori e fondatore dell’Università Cattolica, abbia pensato di lui e delle sue stigmate come ad un « bluff … Che ha tutte le caratteristiche somatiche dell’isterico e dello psicopatico… Quindi, le ferite che ha sul corpo sono … Fasulle… Frutto tipico della patologia isterica ».
Sicuramente il Santo ha perdonato. Se esiste un Paradiso non si può accedervi covando rancori. La grande bellezza di Padre Pio è stata la semplicità e al tempo stesso la radicale schiettezza nelle relazioni con il prossimo. Lui era per tutti, pronto ad ascoltare e a leggere nel profondo dell’anima per trovare la soluzione al dilemma, la benedizione che offrisse sollievo, il consiglio che risolvesse il problema. In ogni caso la verità sopra ogni cosa, consapevole della difficoltà nel rivelarla. Una sofferenza, la sua, donata e offerta per tutti.
Tantissime le persone che si sono rivolte al santo per ottenere intercessioni e grazie speciali. Fra questi Giovanni Paolo II, proprio il papa che lo ha proclamato santo. A Padre Pio, Wojtyla si era rivolto più volte e in una lettera indirizzata al santo di Pietrelcina l’allora Vescovo polacco, poi diventato papa, scriveva: «La paternità vostra si ricorderà certamente che già alcune volte nel passato mi sono permesso di raccomandare alle Sue preghiere casi particolarmente drammatici e degni di attenzione». Il futuro Papa chiese e ottenne le preghiere del frate per la dottoressa Poltawska malata di cancro e miracolosamente guarita.
Molte le storie e le grazie elargite. Speciali le confessioni del santo, non poteva tacere sullo stato dell’anima del penitente. Numerose le testimonianze di guarigioni e di interventi soprannaturali. Milioni le persone che si sono recate in pellegrinaggio a san Giovanni Rotondo, nel convento di Santa Maria della Grazie dove Padre Pio viveva. Anch’io ho vissuto un episodio in un momento particolare della mia vita nel quale ho percepito la sua presenza, la sua consolazione, il suo abbraccio, la sua benedizione.
Uomini famosi e meno famosi, vip, calciatori e sportivi. Fra questi mi piace ricordare un incontro, quello di un grande giocatore di calcio con il santo di Pietrelcina. E’ Sandro Mazzola che ricorda Padre Pio come la persona che più l’ha colpito. Ecco il racconto tratto dall’intervista rilasciata al nostro giornale:
La persona che più ti ha colpito?
Padre Pio. Sì, Padre Pio. Ti spiego. Quando è mancato mio papà Valentino ci siamo trasferiti a Cassano d’Adda a vivere con la nonna e la bisnonna, che è morta a 92 anni e per tutta la sua vita ha mangiato pochissimo e bevuto mezzo bicchiere di rosso a pranzo e a cena. Vivevamo con poco, mia nonna lavava i panni nell’Adda perché l’acqua dell’Adda era impareggiabile per il bucato. Si recava al fiume con la carriola piena di panni sporchi. Mia nonna faceva “l’urlera” (il telaio della scarpa) e la domenica, siccome sapeva scrivere, andava alle carceri di Cassano per scrivere e leggere le lettere dei detenuti che erano analfabeti.
Si, ma Padre Pio?
Tutta la mia famiglia adorava Padre Pio, soprattutto la nonna. Quando andammo a Foggia, per Inter Foggia, tutta la squadra si recò a san Giovanni Rotondo. Portammo una busta a Padre Pio, lui parlava solo in dialetto e c’era un frate che faceva da interprete.
Cosa vi disse?
Che la busta non serviva per far vincere l’Inter!
Tutto qui?
La mattina dopo io e Picchi ci svegliammo alle cinque e, di nascosto, andammo al convento per confessarci. Mi impressionò la quantità di persone che, in processione, si recavano da Padre Pio per un consiglio, una benedizione, un aiuto, un’assoluzione. Entrammo nella cella del frate. Volevo togliermi un peso che mi tormentava: mi pareva di aver commesso un sacrilegio perché, quando pregavo, chiedevo al Signore di farmi diventare un calciatore non per i meriti di mio papà (come molti malignamente affermavano) ma per le mie capacità, piuttosto fammi morire, dicevo al Signore.
E Padre Pio?
Mi guarda e mi dice con un gesto inequivocabile: ma va, … Va … Cinque Pater, Ave e Gloria.
Fabrizio Annaro