di Fabrizio Annaro
Papa Francesco è stato chiaro e franco: se vogliamo uscire da questo impasse, ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, la sola strada da percorrere è quella della solidarietà.
Durante la santa messa di domenica scorsa, festa della Divina Misericordia, il Papa ha parlato così: ‹‹Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità! Impariamo dalla comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. Aveva ricevuto misericordia e viveva con misericordia. Tutti i credenti avevano ogni cosa in comune: vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno (At 2,44-45). Non è ideologia, è cristianesimo … In quella comunità, dopo la risurrezione di Gesù, uno solo era rimasto indietro (l’apostolo Tommaso che non aveva creduto all’apparizione di Gesù ndr) e gli altri lo aspettarono. Oggi sembra il contrario: una piccola parte dell’umanità è andata avanti, mentre la maggioranza è rimasta indietro. E ognuno potrebbe dire: “Sono problemi complessi, non sta a me prendermi cura dei bisognosi, altri devono pensarci.››

Ma quale gruppo sociale, quale partito politico, quale coalizione di Stati, di associazione di persone, quale “forza motrice” può fare proprio l’appello del Papa e trasformare in azioni concrete quanto richiesto da Francesco? Quale impegno è richiesto ai singoli, alla nostra coscienza di fronte a queste parole?
Papa Francesco ha lanciato un appello. La palla adesso è nelle nostre mani. Cosa dire? Ma soprattutto cosa fare?
Oggi la malattia più grave dell’uomo moderno è l’individualismo esasperato. Una patologia che non risparmia neanche le persone di buona volontà che molto spesso assistono impotenti di fronte ai drammi provocati dell’ingiustizia e dall’iniquità. Uomini che rischiano di rimanere intrappolati in una babele di infinite parole, dotte riflessioni, proclami che finiscono in quella palude di inconcludenze che si chiamano social network.
Oggi avvertiamo il bisogno di trovare luoghi, spazi, momenti, incontri in cui la coscienza possa trovare la linfa vitale che riconsegni all’uomo il trono della dignità e del rispetto reciproco. Non basta più indignarsi, scendere in piazza, proclamare la giustizia sul web o sui social.

Ridistribuire il reddito e la ricchezza che una nazione produce con equità e giustizia privilegiando la fragilità, non è ideologia, non è comunismo, significa saziare la sete di giustizia che abbiamo al fondo della nostra coscienza. Significa arginare la deriva verso la povertà di molti e lo sfruttamento di tanti. Gli uomini di buona volontà oggi sono chiamati a compiere uno sforzo eccezionale: aprirsi al dialogo, ascoltare, chiedersi più spesso come fare per generare massa critica, incidere sui rapporti di forza in ambito politico ed economico.
Non limitiamoci ad assistere come tiepidi spettatori di fronte alla Storia che passa, creiamo spazi di incontro, ambiti che contrastino la diaspora del nostro tempo. Oggi, nel movimento del Friday For Future vediamo una grande speranza. Non perdiamola. Offriamo il nostro contributo affinchè questo movimento possa espandersi e crescere in tutto il pianeta.
Il Papa parla alla coscienza di tanti credenti e non credenti. Ai cristiani Francesco chiede di riscoprire le proprie origini. Di rigenerare la forza di attrazione che esercitavano le prime comunità cristiane Il Papa desidera che i fedeli cristiani oltre che onorare le celebrazione liturgiche, siano in grado di accogliere la presenza dello Spirito per entrare nella Storia affinchè il trionfo della Resurrezione sia un fatto concreto che appartenga anche alla nostra epoca. Un trionfo che metta all’angolo le forze oscure e malvagie che hanno devastato il pianeta, creato ingiustizie, generato sofferenze.
Dobbiamo decidere se rimanere sul nostro comodo divano oppure agire.
Monza, 23 aprile 2020