di Eleonora Ticca
Il “caso” del piccolo Charlie Gard rimbalza da una testata giornalistica all’altra, diventando terreno di scontro ideologico e di strumentalizzazione politico-giuridica.
Un alternarsi di prese di posizione che talvolta oscurano il significato del caso, il dolore immenso di una famiglia, il confronto doveroso in campo bioetico. Una vicenda umana e scientifica che merita rispetto, attenzione e che, soprattutto non può essere consegnata a proclami e apodittiche certezze. Il piccolo Charlie Gard abita una zona grigia dove vita, morte, amore e verità scientifiche si intrecciano inestricabilmente.
Le posizioni estreme polarizzano la vicenda impedendo di cogliere tutti gli aspetti in gioco: non è solo un caso medico, non è solo una questione giuridica, non è solo una storia familiare e affettiva; è tutte queste cose insieme, e, oltretutto, si è trasformato anche in un caso mediatico.
La vicenda medico-giudiziaria del piccolo Charlie è andata incontro negli ultimi mesi a numerosi stravolgimenti e inversioni di rotta. I medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, dove è ricoverato in terapia intensiva il piccolo Charlie Gard, hanno tentato nell’ultimo periodo tutte le cure e le terapie a conoscenza della medicina odierna per poi decretare, non più di un paio di settimane, fa che non ci fosse più niente da fare. Le condizioni di salute di Charlie si erano molto aggravate a causa di un’encefalopatia e il parere medico aveva optato per staccare la spina ai macchinari che tenevano in vita il piccolo; parere a cui si sono fortemente opposti i genitori.
In questi casi l’ordinamento giuridico inglese prevede che l’equipe medica possa rivolgersi alla Corte Britannica per dirimere la questione. Il tribunale londinese si è espresso a favore del parere medico: per Charlie non c’erano speranze ed era il momento di staccare la spina. I genitori Gard si sono quindi rivolti in appello alla corte di Strasburgo che ha confermato la prima sentenza.
Sembrava che non ci fosse più nessuna speranza né per il piccolo di sopravvivere né per i genitori di tentare ancora a salvare il proprio figlio, fino a che non è comparsa nella vicenda una nuova terapia sperimentale che ha momentaneamente rimesso in discussione i verdetti della corte britannica e della corte europea. Al momento attuale il tribunale londinese sta valutando i dati scientifici riguardanti la terapia sperimentale per esprimere una sentenza definitiva sulla possibilità di sottoporre Charlie a questa cura.
La storia del piccolo Charlie ha generato una serie di prese di posizione pubbliche che, di volta in volta, hanno difeso la famiglia, i medici, i giudici chiamati a decidere.
Da un lato c’è il sapere tecnico che legge la vicenda in modo obiettivo, oggettivandola, ma ignorando gli aspetti emotivi ed affettivi: è questo il ruolo dei medici e dei giudici delle diverse Corti che si sono espressi sulla vicenda (fornire un parere tecnico, basato su dati obbiettivi e razionali). Dall’altro, ed è innegabile, c’è l’aspetto più familiare ed intimo della storia: la sofferenza di due genitori che non si vogliono arrendere all’idea di perdere il loro piccolino; quest’aspetto non è misurabile e interroga la parte più profonda di ognuno di noi.
Non è possibile affrontare la vicenda prescindendo da uno di questi due aspetti che sono solo una parte delle anime che muovono il dibattito che è nato intorno al piccolo Charlie. Questi due aspetti congiunti però creano un dilemma tutto umano ed etico da cui è difficile uscire, parlano due lingue diverse e irriducibili: da un lato la lingua del “desiderio alla vita” e della “speranza” esemplificata dalle parole di Papa Francesco, un registro umano, spirituale e denso di fattori affettivi; e dall’altro la lingua della medicina, delle possibilità di sopravvivenza, dei dati oggettivi, dell’accettazione dell’incurabilità della malattia di Charlie. In questa zona grigia possiamo solo ascoltare con profondo rispetto le tesi diverse, provare compassione e vicinanza per i genitori di Charlie senza dimenticare che la scienza medica e le ultime decisioni giuridiche indicano strade e soluzioni che, per quanto dolorose, non sembrano avere alternative.