di Achille Taccagni
L’ambientalismo non è un pensiero nuovo, e questo rende la vita più semplice a chi voglia farne la propria bandiera: è sufficiente andare a ritrovare le parole più interessanti ed incisive scritte dai principali suoi esponenti per dotarsi dei necessari strumenti dialettici.
“La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta. La paura della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e controlli; e la stessa analisi scientifica non ha avuto capacità persuasiva sufficiente. A quanto risulta, sinora il desiderio di un’alternativa globale – sociale, ecologica, culturale – non è stato sufficiente, o le visioni prospettate non sufficientemente convincenti. Non si può certo dire che ci sia oggi una maggioranza di persone disposta ad impegnarsi per una concezione di benessere così sensibilmente diversa come sarebbe necessario.
Né singoli provvedimenti, né un migliore «ministero dell’ambiente» né una valutazione di impatto ambientale più accurata né norme più severe sugli imballaggi o sui limiti di velocità – per quanto sacrosante siano – potranno davvero causare la correzione di rotta, ma solo una decisa rifondazione culturale e sociale di ciò che in una società o in una comunità si consideri desiderabile.
Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico «citius, altius, fortius» (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in «lentius, profundius, suavius» (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, elusoo semplicemente disatteso.
Ecco perché una politica ecologica potrà aversi solo sulla base di nuove (forse antiche) convinzioni culturali e civili, elaborate – come è ovvio – in larga misura al di fuori della politica, fondate piuttosto su basi religiose, etiche, sociali, estetiche, tradizionali, forse persino etniche (radicate, cioè, nella storia e nell’identità dei popoli). Dalla politica ci si potrà aspettare che attui efficaci spunti per una correzione di rotta ed al tempo stesso sostenga e forse incentivi la volontà di cambiamento: una politica ecologica punitiva che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chances nella competizione democratica.”
Alexander Langer, intervento ai Colloqui di Dobbiaco 94 su “Benessere ecologico”, 8-10 settembre 1994.
Riportato in A. Langer, “Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995”, Sellerio editore, Palermo 1996, pp. 209-210.