di Luigi Losa
Profughi? Migranti? Immigrati? Extracomunitari? Clandestini? Mussulmani? Terroristi?
Vado avanti o mi fermo? Meglio fermarsi perché altrimenti la deriva della stupidità, dell’ignoranza, dell’idiozia, dell’egoismo, del razzismo può prendere il sopravvento. E che dire della strumentalizzazione politica, anzi partitica, movimentista, che per un pugno di voti si avventa come un avvoltoio sulla pelle, sulla carne dei più deboli, dei derelitti, meglio se carne un po’ scuretta, bruciacchiata, nera insomma?
Ma di tutto questo da giorni non si parla più. C’è, anzi ci sono le stragi in Francia, in Tunisia, in Kuwait, in Somalia, in Yemen, in Egitto, ovviamente con un interesse inversamente proporzionale rispetto e non più solo alla quantità di morti ma alla ‘vicinanza’ con i nostri confini perché dev’essere chiaro e lampante che il ‘nemico’ che ci può tagliare la gola è il vicino della porta accanto nel condominio (meglio se casa popolare) o nel cortile (meglio se un po’ fatiscente, mezzo diroccato). Poi magari a sgozzare due bambini ci pensa il papà nato, cresciuto, con un buon lavoro stabile in Brianza.
Poi c’è la Grecia dove più che una tragedia (di cui è in fondo la patria) si sta consumando una sorta di farsa con la finanza internazionale che se la ride e prospera (alla faccia anche delle encicliche di questo o quel Papa) e la politica, da quella europea a quella italiana, che rimedia figure da cioccolatai. Roba da andare a nascondersi un giorno sì e l’altro pure. Ma invece da Brunetta a Salvini, da Grillo a Vendola e compagnia cantante, poiché hanno la faccia come… ciascuno è libero di pensare e definire, oplà una giravolta e si ricomincia.
E così dei profughi, etcetera, etcetera, non si parla più. Per adesso, fino al prossimo barcone che si inabissa, fino alla prossima ondata di sbarchi, fino a… fino a quando il circo mediatico non decide di ricominciare. E via.
Sui profughi, etcetera, etcetera, si è detto di tutto e di più. Si è fatto poco e di meno. Si è addirittura rubato e speculato sporcando, rovinando, inquinando di criminalità pura e organizzata persino strumenti economici alternativi da sempre come la cooperazione.
Ma per fortuna c’è ancora chi una testa sulle spalle ce l’ha. Un cuore dentro il petto ce l’ha. E batte, forte.
Ma per fortuna c’è gente che il Vangelo non è la paginetta sentita se capita la domenica alla messa (eh, ma stavolta quanto è lungo…) che entra da un orecchio ed esce dall’altro, figurati l’omelia.
Ma per fortuna c’è gente che il Vangelo lo fa diventare vita, propria e degli altri, a partire dalla figura del Samaritano che non chiede da dove vieni, perché vieni qui, cosa ti è successo, ma è colpa degli altri o anche colpa tua, hai voglia di lavorare, non è che vuoi truffarmi, derubarmi, ma con chi stai, quante mogli, quanti figli, e dove stanno e non è che dopo li fai venire qui…
Nossignore, si ferma e aiuta perché la Chiesa di Cristo è un “ospedale da campo” ha detto quel sant’uomo di Francesco.
E anche in Brianza di samaritani ce ne sono ancora, solo che loro non si fanno molto vedere perché non ne hanno bisogno ma, soprattutto, perché non hanno tempo, e che peraltro in tanti fanno finta di non vederli, anzi danno proprio fastidio quei quattro, otto, sedici, 32, 64, 128, …. pirlotti di paolotti, idealisti, mezzi comunisti.
Eppure ‘sta gente con la testa e con il cuore hanno messo su una rete che sta aiutando più di 500 persone senza casa e senza terra, senza famiglia e senza lavoro, senza, senza niente. E lo sta facendo con pochissimi mezzi e grandissimi risultati, riuscendo a convincere e coinvolgere sindaci e Comuni, preti e parrocchie, volontari e associazioni.
Con progetti fatti bene, nati e cresciuti dall’esperienza quotidiana non dai master o dai manager. Per capirlo occorre leggere il secondo rapporto sull’accoglienza a Monza e in Brianza delle persone richiedenti asilo.
Leggerlo e diffonderlo, a questo punto proprio attraverso la rete. Di leggerlo da qualche altra parte, fatta eccezione per ‘Il dialogo’, senza mediazioni, interpretazioni, puntualizzazioni (che noia…) neanche a parlarne, ovviamente.