di Isabella Procaccini
“Quando la moglie è in vacanza” è una piacevole commedia, tratta dal testo dello sceneggiatore statunitense George Axelrod, che debuttò a Broadway nel 1952. Il titolo originale del dramma è “The 7 years itch” che tradotto significa “Il prurito del settimo anno”.
Forse un titolo più efficace, che meglio esprime l’essenza e il sottotesto che si nascondono dietro questa commedia che, apparentemente non stimola grandi riflessioni. La vicenda si svolge a Roma, ai giorni nostri. Riccardo (Massimo Ghini), importante manager editoriale, si ritrova solo, in un moderno attico del centro, mentre la moglie Silvia (Anna Vinci) si gode le vacanze al mare con il figlio Roberto. Ma Riccardo, solo ci resterà ben poco!
Infatti, a fargli compagnia, sarà la nuova ragazza del piano di sopra (Elena Santarelli), giovane ventitreenne, bellissima e aspirante protagonista del mondo dello spettacolo. Riccardo, seppur potrebbe essere suo padre, instaura con lei un rapporto di amicizia che porterà i due ad avvicinarsi, a divertirsi insieme e a star bene. La presenza di Silvia, però, incombe nei pensieri dell’uomo che, volente o nolente, sarà costretto a fare i conti con la realtà.
Questa è una commedia che ingloba in sé temi importanti: dal titolo originale capiamo che Riccardo e Silvia stanno affrontando la classica “crisi del settimo anno”. Riccardo è un uomo di mezza età, piacente, accattivante, innamorato della vita e anche di sua moglie che, però, non lo stimola più come un tempo, gli ricorda continuamente che ha la colite e per questo non deve né bere né fumare. Insomma, la bellissima ragazza del piano di sopra arriva proprio nel momento meno azzeccato.
La tentazione e la voglia di tornare giovane sono forti… quale strada sceglierà il nostro uomo? Tradimento o fedeltà, silenzio o confessione… il finale rimane aperto. La ragazza del piano di sopra, che, peraltro, non ha un nome, rappresenta l’attualissima tendenza di alcune ragazze a voler entrare a tutti i costi nel mondo dello spettacolo. Come ho detto, non sapremo mai come si chiama, non lo saprà neanche Riccardo… forse perché non è importante per lui, ciò che conta è l’uragano che scatena il suo arrivo nella vita del nostro protagonista.
Vorrei riflettere su un ulteriore punto: il testo viene messo in scena per la prima volta nel 1952 e, sebbene in alcuni punti sicuramente adattato al 2015, si fa portavoce di tematiche che tenevano 63 anni fa e tengono ancora oggi. Tematiche come la relazione uomo-donna, la crisi dei rapporti e la riflessione su se stessi ci fanno sentire il dramma molto vicino nonostante il suo essere attempato.
Questa forza di tenuta del testo la coglie perfettamente il regista Alessandro D’Alatri quando afferma: “Trovo che il testo contenga tutti gli elementi per essere adattato alla nostra epoca (…). Un aspetto estremamente interessante è la divisione dell’opera in due tempi narrativi: il reale e la proiezione delle reciproche insicurezze dei personaggi.”
Il gioco di piani è scenograficamente suggestivo, la dimensione reale è connotata da una luce calda mentre quella onirica è fredda e introspettiva. Le piccole coreografie e le numerose canzoni che si inseriscono all’interno della narrazione, contribuiscono a farci risentire quelle atmosfere da commedia musicale all’italiana di qualche anno fa, quando la commedia musicale parlava della vita, della storia e dell’uomo, quando non eravamo ancora invasi dagli sbrilluccichii del musical americano.
Isabella Procaccini