Quando sul palco ci sono le donne di San Quirico: Il Delitto di Oreste

IMG_3166_webUna tragedia che assume un diverso profumo, che trasmette differenti emozioni, che veicola nuovi messaggi e, soprattutto, che offre piccole occasioni di riscatto: “perché la bellezza dei capolavori fa bene alle anime inquiete e ferite” sostiene Luisa Gay, regista dello spettacolo “Il Delitto di Oreste”, liberamente tratto dall’”Orestea” di Eschilo. Sul palcoscenico una famosa tragedia greca, accanto a storie di errori, di sbagli, di fallimenti, di sofferenze, di ripensamenti, di riscatti e pentimenti.

Anime inquiete e ferite, quelle di Georgeta, Yolanta, Tatiana, Vanessa, Helena e Stefania, attrici e donne detenute nella Casa Circondariale San Quirico di Monza. Un progetto, quello del Teatro Classico, organizzato dall’Associazione Culturale Umanitaria Zeroconfini Onlus, che dà risalto al forte valore che l’esperienza teatrale può portare alle donne detenute, senza particolari pretese terapeutiche o educative. Veicolare emozioni e bellezza e’ l’unico obiettivo.

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“Il percorso di quest’anno è stato più complesso per una serie di arrivi/partenze delle allieve, perché il testo è più difficile, ma anche perché il tema è decisamente più duro: Oreste è un imputato, Apollo un mandante, Elettra una complice… c’è la colpa, il rimorso, e infine il processo. Argomenti che scottano. Ma il passaggio dalla giustizia fai da te, selvaggia, del clan di Agamennone a quella equilibrata, democratica, discussa civilmente che propone Atene è stato capito e accettato”.

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Una tragedia non facile, estranea alle nostre attuali categorie di pensiero, arricchita, però, dalla non italianità delle attrici che hanno reso vivo il palco del Teatro Binario 7, come sottolinea Maria Alberta Mezzadri. Tutto ciò rappresenta un “valore aggiunto”, null’altro. Il Vice Sindaco Cherubina Bertola, insieme all’Assessore all’Istruzione Rosario Montalbano, esprime parole di gratitudine “verso chi continua a credere che il passaggio dal carcere possa trasformarsi in un’opportunità”. Un’opportunità per chi ha sbagliato, ma vuole riscattarsi, vincendo i propri sbagli. Un’opportunità per il privato sociale, promotore di percorsi ragionati, estranei all’improvvisazione e all’estemporaneità, secondo le parole della Direttrice Maria Pitaniello, affinché accolga la sfida di portare fuori ciò che è dentro, e viceversa. Un’opportunità, per chi, per un attimo, oltrepassando barriere sociali e giuridiche, con sguardi curiosi ed attenti, assiste allo spettacolo, convinto di essere innanzi ad occhi di donne emozionati ed emozionanti.

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Uno spettacolo riuscito, certo. Ma non è questo che interessa, non era questo l’obiettivo di nessuno. Un desiderio, ambizioso ma necessario: portare “fuori un pezzo di carcere”, quartiere della nostra città. Inglobato, non estraneo.

Camilla Mantegazza

Foto di Paolo Terraneo

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