di Francesca Radaelli
Una casa infestata da fantasmi può essere un grande affare, se l’affitto non si paga. Può diventare una miniera d’oro se gli spiriti ‘prendono in simpatia’ il nuovo inquilino e, nelle tasche della sua giacca appesa sull’attaccapanni, iniziano a comparire con regolarità pacchetti di banconote. È quanto succede a Pasquale Lojacono, protagonista della commedia di Eduardo Questi Fantasmi!, in scena questo weekend al Teatro Manzoni di Monza, nella versione prodotta dalla compagnia Elledieffe – Luca De Filippo, con l’ottima regia di Marco Tullio Giordana.
Sui fantasmi che infestano l’abitazione, e che lo hanno accolto con un mazzo di fiori e un pollo appena cucinato, Pasquale (interpretato da un bravissimo Gianfelice Imparato) decide di non farsi troppe domande, almeno finchè tutto va bene. E accetta così di rinunciare a qualche cappello, articolo che sembra molto apprezzato dal fantasma, in cambio del denaro ottenuto senza alcuno sforzo, e direttamente in tasca.
Occorre solo mantenere il segreto sulla presenza degli spiriti nell’abitazione, mostrarsi allegro e canterino affacciandosi dagli innumerevoli balconi del palazzo, come lo ha esortato a fare il portiere Raffaele, e cercare di convincere tutti che non è vero che il palazzo è infestato. Solo così potrà avviarsi finalmente l’attività su cui Pasquale ha deciso di puntare: trasformare il palazzo in una redditizia pensione, offrendo alloggi a pagamento nelle numerose stanze dell’edificio.
Così, mentre conversa proprio dal balcone con il professor Santanna, presenza invisibile che sul balcone dirimpetto trascorre l’intera giornata, vediamo Pasquale disquisire tranquillo su come si prepara il caffè, ridiamo per il doppio senso sul ‘becco’ della caffettiera, che allude ai tradimenti della moglie. E sentiamo il nostro eroe asserire che i fantasmi non esistono, i fantasmi li creiamo noi, siamo noi i fantasmi.
Proprio in questa frase è contenuta la grande verità che si manifesta nella commedia sotto gli stessi occhi di Pasquale. Lui però non la vede, non vuole vederla o –chissà – decide di non vederla. I fantasmi, infatti, come agli spettatori è subito chiaro, non esistono affatto. È al portiere Raffaele, definito dallo stesso Eduardo ‘anima nera’ del dramma e interpretato dal godibilissimo Nicola Di Pinto, che si devono le sparizioni dei cappelli e degli altri oggetti che sembrano dissolversi nel nulla. Ma soprattutto il fantasma buono che elargisce doni in denaro altri non è che Alfredo, l’amante della bella moglie Maria (una donna forte e severa tanto col marito quanto con l’amante, nell’interpretazione di Carolina Rosi), che pur di starle vicino si nasconde negli armadi di casa e provvede al suo sostentamento seminando denaro nei vestiti del marito. Del resto, a Pasquale capita pure di intravvederlo, l’amante della moglie, ma l’accaduto non può che confermarlo nella sua convinzione: la casa è abitata da un fantasma buono che è anche la sua fonte di sostentamento.
Quella di Pasquale in fondo è un po’ la vicenda tragicomica delle ‘storie di fantasmi’ che ci raccontiamo per andare avanti nella vita di tutti i giorni. La storia delle verità che scegliamo di non vedere per non rovinare le nostre certezze. La storia di un mondo in cui è il denaro a fare la differenza e allora non ci si fa troppe domande sulla sua provenienza. E soprattutto, la storia, anzi la rappresentazione, delle maschere che indossiamo anche davanti a noi stessi: magari sono diverse da quelle sfoggiate di fronte al professor Santanna di turno, ma sempre maschere sono.
E così, neanche quando Alfredo torna dalla moglie e i soldi in tasca vengono a mancare, Pasquale, ormai sull’orlo del lastrico, metterà in dubbio l’esistenza del fantasma buono. Non potrà fare altro che pregarlo di ritornare e procurargli i soldi che gli servono. Perchè ormai non potrà più rinunciare alla bella favola in cui gli era tanto piaciuto credere. Quella favola che, nel finale, lo stesso Alfredo non avrà cuore di distruggere.