Quel genio di Stanley Kubrick

di Mattia Gelosa

Sarà una frase retorica e abusata, ma nel caso del regista in questione davvero si può affermare che per raccontarlo non bastano le parole di un breve articolo.

Nato il 26 luglio 1928 a New York, Stanley Kubrick è forse il regista simbolo del cinema stesso, un autore capace di muoversi in tutti i generi e di diventare un vero e proprio oggetto di culto per pubblico e critica. Capolavori come “Arancia meccanica” (1971) sono ancora oggi seguitissimi  e caratterizzano diversi ambiti di merchandising, come magliette o oggettistica che li cita o parodizza.

Cosa rese Kubrick così speciale? Sicuramente la sua capacità di fare sinfonie di immagini calzate a pennello su musiche mai banali, spesso classiche, sempre ricercate. Anche quando mancava il materiale della storia, lui sapeva raccontare in modo personale, senza bisogno di audio o dialoghi, creando sequenze ancora oggi ammirate per la loro perfezione stilistica.

Maniaco della simmetria, dal carattere irascibile e pignolo fino all’estremo, l’autore ha reso personale ogni opera toccata con mano, come nel caso dei libri da cui ha tratto “Arancia Meccanica” o “Shining”.

2001: Odissea nello spazio” (1968) rivoluziona il cinema e la fantascienza: 140’ di pellicola con poco più di mezz’ora di dialogo, per un film culto ricco di simbolismi. Qui davvero l’immagine diventa padrona di tutto, da sola si fa narrazione e riesce a spiegare, in pochi minuti, l’intera storia dell’evoluzione dell’uomo.

Una inquadratura di Arancia Meccanica

Forte dei consensi del film precedente, Kubrick cambia genere e affronta, appunto, “Arancia Meccanica”. Il futuro è ancora il soggetto, stavolta, però, si resta sulla Terra, alle prese con una società distopica dove la violenza ha un ruolo dominante.

Il gioco con la musica e le immagini continua, così, troviamo “La gazza ladra” di Rossini ad accompagnare una sequenza iniziale, o un pestaggio sulle note di “Singin’ in the rain”. L’altro grande protagonista d’eccezione è   Beethoven, usato in carcere come arma di cura (e tortura) per riabilitare il criminale Alex. Fu un  film leggendario che  sconcertò per la violenza delle immagini e alcune scene di nudo.

Nel 1980 gli amanti dell’horror, e non solo, godevano dell’uscita del suo “Shining”, da un romanzo di Stephen King. Anche qui  Kubrick rielabora parte della vicenda a suo modo e fa centro: le sequenze come le corse del piccolo Danny per i corridoi dell’hotel sono famosissime, così come la prova recitativa di Jack Nicholson, un Jack Torrance da brividi!

Chiudono la carriera del regista due altri lavori straordinari, il film di guerra “Full metal jacket”, di cui è diventato famosissimo il discorso iniziale del sergente Hartman alle sue reclute, e l’erotico e onirico “Eyes Wide Shut” con Nicole Kidman e Tom Cruise.

Ci lascia  Il 7 marzo 1999 e, davvero, quando  si parla di certi giganti dell’arte, l’unica vera testimonianza utile sono le loro opere.

 
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L’inizio di “2001: Odissea nello Spazio”

 

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