Quello che non ho: Neri Marcorè tra De André e Pasolini

di Francesca Radaelli

Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De André. Cantori e narratori di quello che continua a essere il nostro tempo. Sempre intonatissimi nel loro essere ostinatamente fuori dal coro, oggi come qualche decennio fa. Sono loro la fonte di ispirazione di ‘Quello che non ho’, lo spettacolo che Neri Marcorè sta portando in tournè per l’Italia e che è approdato questo weekend al Teatro Manzoni di Monza. Dopo quelli dedicati a Giorgio Gaber e ai Beatles, l’attore marchigiano propone un altro pezzo di teatro canzone di altissimo livello, supportato dalla regia di Giorgio Gallione. Un genere che gli è estremamente congeniale, a giudicare dalla sala piena e dall’entusiasmo manifestato dal pubblico.

De André e Pasolini sono oggi due personaggi quasi mitologici. Continuano a incontrarsi nel ritmo di una canzone, Una storia sbagliata, scritta dal cantautore genovese dopo la morte ‘sbagliata’ di PPP. E si incontrano nuovamente, sul palco, nella voce di Neri Marcorè, che ricorda la partecipazione a un concerto di De André – a Napoli nel 1995 – accompagnata, un po’ per caso, dalla scoperta degli Scritti corsari di Pasolini.

Parole coraggiose e impietose nella loro analisi e denuncia della realtà moderna,  canzoni dall’altissima suggestione poetica che viaggiano ‘in direzione ostinata e contraria’. Partendo da Pasolini e De André, Neri Marcorè racconta di un’Italia e di un mondo che sta andando in una direzione incomprensibile, precipitato nella ‘nuova orrenda preistoria’ denunciata da Pasolini, in un consumismo grottesco nella sua frenesia. A scandire la narrazione sono le canzoni di De André, magistralmente interpretate dallo stesso Neri Marcoré (davvero strepitoso con la chitarra in mano) accompagnato dalle voci e chitarre degli eccezionali musicisti  Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini.

Dalla stupenda Se ti tagliassero a pezzetti che apre lo spettacolo alla malinconica Canzone per l’estate che lo chiude, come un cerchio fatto di nostalgia. Un cerchio che racchiude le storie terribilmente contemporanee che Marcorè ci racconta come fossero favole ma che compongono la grottesca realtà di oggi. La storia dei bambini rom, per esempio, arsi vivi nel sonno in una baracca ai confini di una grande città – e dei loro genitori accusati di omicidio perché non si trovano lì durante l’incendio. Una storia che non poteva che essere accompagnata dalla meravigliosa Korakanè, dedicata da De André al popolo degli ‘zingari’, che da duemila anni vagano per il mondo senza terra e senza armi, emarginati per l’ostinazione a essere nomadi in un mondo fatto di nazioni e confini.

E poi la storia del sesto continente del mondo, che si trova al largo delle Hawaii ed è formato dalla plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico. Quella delle scarpe Nike riversate in mare dalle navi cargo, destinate forse a calzare le pinne delle foche monache, e quella dei cercatori di personaggi Lego ‘naufragati’ in Cornovaglia.Un mondo che si sta riempiendo di rifiuti, di scorie, mentre noi continuiamo a inneggiare alla crescita economica. Ma anche le storie che stanno dietro i nostri cellulari e le nostre Playstation, che raccontano di guerre e di morti nel cuore del Congo per accaparrarsi il preziosissimo coltan di cui l’industria elettronica non può fare a meno.

Pregiudizi e plastica, cellulari sempre nuovi e crescita economica senza fine…  oggi più che mai questi beni superflui “rendono superflua la vita”, come denuncia Pasolini. Sono “quello che non ho” e che noi – a differenza dei pellerossa cui dava voce De André nella canzone che dà titolo allo spettacolo – non possiamo fare a meno di avere o almeno di desiderare. Sono in fondo quelle nuvole che “vanno, vengono, ogni tanto si fermano e quando si fermano sono nere come il corvo”, ci impediscono di vedere il cielo e ci spingono a desiderare la pioggia.

Com’è che non riusciamo più a volare?, ci chiede Marcorè cantando De André. Le lucciole sono scomparse, uccise dall’inquinamento, denuncia Pasolini. Faremo anche noi la fine degli uomini del Duemila? Quelli che, racconta Marcorè riprendendo un pezzo di Stefano Benni, dopo aver privatizzato persino l’aria che si respira, si sono estinti lasciando il mondo nelle mani dei topi?

Per fortuna alla fine un po’ di speranza ci rimane. Stiamo producendo orrori e miserie, ma anche un tempo fatto di opere meravigliose, quadri, musica, libri e parole. E poi anche i profeti sbagliano, dice Neri Marcorè. Le lucciole ci sono ancora. Certo, si vedrebbero di più se ci fossero meno auto e meno lampioni. Ma ci sono. Ai margini del buio tutti possiamo guardarle incantati. Sono le “gocce di splendore” che De André cercava nel mondo.

Uno spettacolo che fa ridere e cantare, che emoziona e interroga. Un Neri Marcorè intenso e sorprendente, che gli appassionati di De André non possono perdere e che fa venire voglia di leggere Pasolini. Soprattutto, di guardare al nostro tempo con nuovi occhi.

Prossime repliche al Teatro Manzoni di Monza: sabato 25 febbraio ore 21, domenica 26 ore 16.

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