di Marco Riboldi
Referendum: motivazioni a confronto. Tra non molto dovremo votare sulla legge che taglia in modo abbastanza netto il numero dei nostri rappresentanti parlamentari. Tale legge prevede che si passi da 630 deputati a 400, e da 315 senatori a 200 (sono poi da aggiungere i senatori a vita). Il referendum è confermativo e chiede di dire SI’ oppure NO alla legge, senza che ci sia necessità di raggiungere un quorum: qualunque sia il numero dei votanti, la decisione sarà valida.
Prima di dare spazio (in due prossimi articoli) a due opinioni differenti sul tema, cerchiamo qui di offrire una rapida panoramica delle posizioni prevalenti tra i sostenitori del SI’ e quelli del NO (per brevità li chiamerò il SI’ e i NO). Raggruppo le motivazioni in tre punti: spero di riuscire a dare almeno un’idea, perché il compito non è facile.
1. E la Costituzione?
I SI’ dicono che il referendum non deve essere considerato uno “sfregio” alla Costituzione. Già modificata più volte, la Costituzione non deve essere considerata un freno alle riforme. E quella della riduzione del numero dei parlamentari è una riforma di cui tutti parlano da anni, per rendere più snello e quindi più efficace il lavoro dei nostri legislatori.
I NO rispondono che non si può partire dalla riduzione del numero dei parlamentari senza una complessiva riforma che, per esempio, dica con quale legge elettorale si voterà e, ancor più, senza prevedere anche una moderazione, se non la fine, del bicameralismo perfetto (per cui le due Camere hanno esattamente gli stessi compiti). Significa limitarsi ad una riforma di facciata, che non incide davvero, ma consente di farsi belli agli occhi degli elettori più inclini ad accettare la propaganda populista.
2. E la rappresentanza democratica ?
(NOTA importante: circolano interpretazioni di ogni genere sul numero di eletti per cittadino. E’molto facile lanciare cifre che, se non si confrontano i diversi sistemi parlamentari, non sono molto significative. Consiglio una sana diffidenza verso chi la fa troppo semplice e consiglio la lettura del rapporto fatto dalla Università Cattolica, che è uno studio molto accurato, facilmente leggibile anche dai non addetti ai lavori. Vedi: “ Osservatorio CPI: Confronto tra i paesi sul numero dei parlamentari”. Lo si trova facilmente con un motore di ricerca)
Neanche occorre temere, dicono i SI’ che la rappresentanza democratica venga meno. I deputati e i senatori saranno comunque in numero adeguato e a lavorare rappresentando i loro elettori come sempre. Essere meno non impedirà di controllare il governo, anzi sarà più incisiva la presenza di ciascuno, meno “annegato” in numero eccessivo di colleghi.
Inoltre bocciare una legge che è stata votata dal 90% dei parlamentari costituirebbe una autentica delegittimazione dell’intero parlamento, che certo non uscirebbe bene da una tale bocciatura.
I NO ribattono mettendo l’accento sul fatto che in realtà ogni parlamentare finirebbe per rappresentare un numero molto alto di cittadini: il rapporto numerico tra elettori ed eletti scenderebbe ai livelli più bassi tra i paesi europei. Quindi ogni eletto dovrebbe rappresentare un numero elevato di cittadini e per converso i cittadini conoscerebbero meno da vicino il loro deputato o senatore. Inoltre alcune regioni vedrebbero scendere drasticamente il numero di senatori (tra queste la Lombardia). Come parlare ancora di rappresentanza? D’altra parte, con 200 senatori il governo sarebbe appeso alla volontà di pochissimi parlamentari che, con un paio di voti, potrebbero determinarne la sorte.
3. Cedere all’antipolitica?
I sostenitori del SI’ non ritengono che questa proposta sia una manifestazione di una tendenza antipolitica. Al contrario, si tratterebbe di rendere la politica più efficiente e quindi di renderla più vicina alla sensibilità del cittadino medio, che desidera da un alto una politica più giusta e meno privilegiata, dall’altro una possibilità di partecipare attivamente. Con questo primo passo si potrà iniziare un cammino di riforme (che comprenda anche la riforma elettorale citata) lungo il quale le varie necessità dei modernizzazione e semplificazione troveranno il loro adeguato compimento.
I NO mettono l’accento sul fatto che questa proposta è animata da una sfiducia nella politica, considerata una attività da contenere il più possibile, con un controllo diretto del cittadino che limiti il ruolo dei rappresentanti. Non a caso, nelle proposte del Movimento 5 Stelle (indubbiamente protagonista della legge di cui si parla) ci sono anche il referendum deliberativo (cioè un referendum che, senza quorum minimo di votanti, obbligherebbe il parlamento ad adottare una certa legge) e il vincolo di mandato (cioè il parlamentare, una volta eletto, sarebbe vincolato a votare in certo modo, almeno su alcune questioni). Insomma, la cultura che sta dietro questa legge è un antiparlamentarismo che non apprezza nel modo dovuto l’importanza della rappresentanza democratica.
Si potrebbe continuare, ma preferisco fermarmi, indicando due argomenti che secondo me non bisogna considerare.
Il risparmio sui costi
Non va considerato come un argomento importante, secondo me, innanzitutto perché è molto esiguo e inoltre non può essere utilizzato per giudicare una questione così importante. Se si vuole valutare l’opportunità di modificare un elemento così decisiva per la vita democratica, pensare al (modesto) risparmio non è il modo migliore per condurre il ragionamento. Anche perché per risparmiare ci sono molti altri modi.
Le conseguenze sul governo
Che il referendum possa avere conseguenze sul governo è cosa importante. Personalmente ritengo che né il risultato del referendum (probabilmente in linea con le indicazioni di voto dei partiti di governo) né i risultati delle regionali (probabilmente poco men che disastrosi per gli stessi) influiranno sulla vita del governo Conte 2. Ma in ogni caso, anche se influisse in modo importante, sono convinto che sarebbe sbagliato votare SI’ o No puntando a sostenere o a far cadere il governo: il ragionamento deve essere libero, perché si vota per fissare le regole del gioco, non per decidere quale squadra debba vincere. E in democrazia, le regole del gioco sono la cosa più importante.