di Luigi Losa
Se Dio vuole è finita. E se Dio vuole c’è ancora in Italia almeno un politico con la testa sulle spalle, con il senso dello Stato ma soprattutto un uomo che ha saputo e sa incarnare, e insegnare, insegnarci, cosa sono la responsabilità, il dovere, il servizio e come sono non solo ancora principi e valori attuali, ma necessari, indispensabili.
E questo uomo, il Presidente della Repubblica Italiana, si chiama Sergio Mattarella, a cui occorre innanzitutto dire una sola parola: Grazie!
L’applauso scattato al momento il cui il conteggio delle schede dell’ottava (sic!) votazione del Parlamento riunito (un eufemismo data la situazione… e la condizione in cui si è autoconfinato) ha superato il quorum della maggioranza assoluta di 505 voti, e durato quasi cinque minuti, ha riecheggiato quello tributato al Presidente alla Scala lo scorso 7 dicembre e tanti altri che avevano accompagnato la conclusione del suo mandato.
Così come i ‘bis’ ripetuti e risuonati da nord a sud del Paese hanno anticipato, quasi fossero un vaticinio, la conclusione di questa sera. Che se per un verso fa tirare un sospiro di sollievo anzitutto sul piano della tenuta democratica del Paese, proprio per questo, è bene ricordarlo, è stata la conclusione di una vicenda politicamente drammatica.
Ho gli occhi, le orecchie e la mente straripanti di immagini e parole che come uno tsunami hanno investito milioni di italiani da lunedì ad oggi, rovesciate dalle maratone televisive, i social, i tweet, i comunicati e i take delle agenzie di stampa, le paginate dei giornali di carta e online. Un vero diluvio di parole che altro non hanno fotografato una incredibile, ma non imprevedibile, ‘torre di Babele’ nel suo autentico significato biblico ovvero di una costruzione della superbia e dell’arroganza dove però nessuno si parla e si ascolta e dunque destinata a rimanere incompiuta, inutile, vana, destinata ad essere un cumulo di rovine.
A due anni, data dall’inizio della pandemia, la vicenda della rielezione di Mattarella alla Presidenza della Repubblica è inoltre la cifra dell’incapacità totale della politica italiana di comprendere la gravità e l’eccezionalità di quanto è accaduto, stava accadendo e purtroppo sta ancora accadendo (e la conta quotidiana dei morti ce lo ricorda), non si sa fino a quando. Con tutto quello che si è trascinata dietro sul piano economico e ancor più sociale.
Ed è sintomatico che a guidare il governo, giusto un anno fa, proprio Mattarella dovette chiamare Mario Draghi, un tecnico, considerato che la politica non riusciva ad esprimere più una personalità in grado di reggerne la responsabilità.
Il fatto poi che, quanto accaduto oggi sia stato la ripetizione di quanto accaduto nel 2013, quando venne rieletto alla Presidenza della Repubblica Giorgio Napolitano, è un’altra testimonianza che in quasi dieci anni la classe politica sia precipitata in una spirale di instabilità, inconcludenza, incapacità totale di rispondere ai bisogni del Paese, quel ‘bene comune’ che dovrebbe essere il primo e unico obiettivo dell’impegno nelle istituzioni, a tutti i livelli.
E che invece non è diventato nemmeno l’ultimo perché proditoriamente cancellato dagli interessi, dalle ambizioni, dalle velleità, dagli egoismi, dalla superbia, dalla tracotanza, dall’ignoranza personale e del proprio gruppo, corrente, partito, schieramento.
In queste tumultuose giornate non s’è mai vista una minima traccia di ‘umiltà’, men che meno di ‘ammissione’, figuriamoci di ‘senso’ di colpa per tentare almeno di giustificare errori, manovre, strumentalizzazioni, calcoli, e tutto il campionario della sprovvedutezza. Per di più sulla pelle di persone, uomini, e soprattutto donne, non si sa sino fino a che punto per lo meno ‘informate’.
Le poche e scarne parole che Mattarella ha pronunciato al Quirinale dopo che i presidenti di Camera e Senato gli hanno comunicato la rielezione a presidente della Repubblica hanno dal canto loro evidenziato come i giorni e i mesi che verranno saranno difficili e problematici.
E non solo per la pandemia e per quel che si porta dietro, per le tensioni internazionali (la follia di una possibile guerra in Europa), per l’escalation economico-finanziaria innescata anche da avidi speculatori, per le inevitabili rese dei conti, già iniziate, dentro partiti, movimenti, schieramenti.
Mattarella è consapevole e cosciente che questa classe politica imbelle è lo specchio di un Paese che tra un anno o poco più sarà chiamato alle urne per eleggere un Parlamento che prima o poi, dovrà riuscire ad eleggere un suo successore.
Responsabilità, dovere, servizio: ecco quanto sarà chiamato ancora e di nuovo ad insegnare, ad insegnarci, con pazienza ed umiltà. Grazie Presidente.