Il tema dei migranti diretti verso le coste italiane continua a essere al centro del dibattito politico europeo. La gestione pratica dell’accoglienza sul territorio italiano delle persone che chiedono protezione internazionale, però, a oggi coinvolge direttamente soprattutto le amministrazioni locali. Anche sul suolo brianzolo. Al secondo mandato come Sindaco di Lissone, Concettina Monguzzi ha dimostrato di avere a cuore la buona accoglienza dei richiedenti asilo sul territorio da lei amministrato. Con lei abbiamo fatto il punto sulle principali problematiche e le prospettive future dell’accoglienza. L’intervista è pubblicata all’interno del Sesto Report sull’Accoglienza dei richiedenti asilo in Brianza ad opera della RTI Bonvena, il raggruppamento di imprese sociali che gestiscono gran parte dell’accoglienza dei richiedenti asilo in provincia di Monza e Brianza.
Come vedi la questione dell’accoglienza in Brianza e nel territorio della tua città? A Lissone sta funzionando?
Nella città di Lissone le persone richiedenti protezione internazionale sono in parte ospitate presso uno stabile comunale già storicamente adibito all’accoglienza e gestito da un Ente accreditato presso la Prefettura anche per l’accoglienza internazionale, in parte all’interno di alloggi dislocati sul territorio comunale. All’interno del Centro sociale Botticelli, in particolare, ho avuto modo di riscontrare una situazione di convivenza virtuosa che ha portato a costituire una situazione di micro-integrazione nel medesimo luogo di dimora. Quello con i richiedenti asilo è un incontro che coinvolge tutta la città, a partire dal Sindaco.
Qual è l’approccio giusto?
Personalmente, ritengo che le azioni amministrative debbano essere sempre precedute dal pensiero al Diritto d’asilo, uno dei Diritti fondamentali dell’uomo. Penso spesso che, fra le persone ospitate a Lissone, vi sia chi è fuggito da territori martoriati da guerre e povertà e abbia ora il diritto a costruirsi una dignità personale che nessuno può aprioristicamente impedire. Fondamentale, in questo, il lavoro e l’impegno degli Enti gestori dei percorsi di integrazione: la metodologia dell’accoglienza diffusa deve però essere veramente condivisa e proporzionale alle capacità di un territorio. Ho sempre posto attenzione all’incontro con le singole realtà del territorio che sono coinvolte direttamente o indirettamente, incontrando le persone straniere parte del progetto e confrontandomi con storie che segnano la nostra persona.
Quali sono state – o continuano a essere – le principali difficoltà di questo incontro?
Le difficoltà amministrative si sono registrate laddove si è manifestata un’eccessiva concentrazione di richiedenti asilo in un luogo privato; questo ha causato difficoltà di rapporti con i residenti su cui il Comune ha svolto un ruolo di mediazione e di ascolto.
Come vincere le resistenze dei cittadini?
Sono convinta che difficoltà di questo tipo possano essere superate, sia politicamente che culturalmente, con un’attenzione al dibattito relativo al fenomeno e presentando i risultati dell’attivazione e della partecipazione dei richiedenti asilo a percorsi professionali e formativi. Le barriere culturali si superano col coinvolgimento degli stessi in attività volontarie di pubblico interesse o di aspetto ludico, per le quali rimangono di fondamentale importanza le associazioni del territorio.
Quali sono i rischi di un’accoglienza ‘poco attenta’?
In mancanza di percorsi di inclusione ben definiti e di una reale prospettiva, la possibile deriva è quella di riscontrare sul territorio la presenza di richiedenti asilo privi di condizioni minime di sopravvivenza legate all’alloggio e alla possibilità di un mantenimento personale. Queste situazioni, border line e periferiche ai percorsi di inclusione voluti dalla Prefettura, possono manifestarsi nelle forme dell’accattonaggio e della vita ai margini senza prospettive, elementi su cui può far breccia il populismo di chi rifiuta ogni forma di integrazione.
Come vedi il futuro dell’accoglienza dei richiedenti asilo in Brianza e in Italia? Cosa funziona e cosa si dovrebbe migliorare?
Il calo degli arrivi è statisticamente certificato, la Brianza e l’Italia non sono più in una situazione di emergenza come era accaduto nel biennio passato. La conseguenza è che gli Enti gestori stanno ritrovando un equilibrio strutturale essenziale per garantire un servizio di maggior valore. La buona riuscita dei percorsi di inclusione dipende dalle proposte che gli Enti offrono ai richiedenti asilo: occorre un meccanismo premiante nei confronti di chi attua tirocini, formazione linguistica e progetti lavorativi; occorre che questa esperienza sia valorizzata in sede di Bandi e vengano premiati quegli Enti gestori di competenza certificata e riconosciuta. Il risultato di inclusione dei richiedenti asilo dipende dalla proposta che vien fatta loro da chi si assume lo straordinario onere di seguirli nel percorso di accoglienza.
Quali ostacoli occorre superare?
Esiste il problema di chi vaga nelle città e vive di espedienti e di accattonaggio. Chi ha pensato a leggi e provvedimenti non ha valutato questo impatto negativo ed eticamente inaccettabile al quale occorre porre rimedio. Esiste poi una prospettiva di cultura: c’è chi considera i richiedenti asilo una minaccia e un pericolo per la società, chi con un pensiero paternalistico e assistenzialistico li considera vittime. Questi due estremi non danno ragione della dignità di queste persone dotate di azione creativa e produttiva, capaci di relazioni ed interessi.
Il report completo è scaricabile dal seguente link