di Nicoletta Pallini Clemente
Giulia Niccolai è mancata lo scorso 22 giugno. Aveva 86 anni. E’ stata una grande donna, una fantastica poetessa, un’ottima fotografa, una brava traduttrice (era di madrelingua inglese), una narratrice autobiografica e, infine, ma non da ultimo, monaca buddista. Nel corso della sua vita non le sono mancati premi e riconoscimenti, e ora, post mortem, libri e, forse, mostre. Nella lettera qui sotto il ricordo affettuoso della sua più cara amica, la curatrice d’arte Nicoletta Pallini Clemente.
La nostra è stata un’amicizia bellissima, profonda, allegra, piena di ironia e di pranzetti, fatta di lunghi viaggi in India e in Europa per seguire gli Insegnamenti di H. H. il Dalai Lama, ma anche di vacanze in Provenza, in Maremma, in Liguria , in campagna da Daria sulle colline tortonesi.
Un’amicizia fatta di film scoperti o ritrovati , – adoravi andare al cinema quasi quanto il gelato – di mostre d’arte e di poesia , di ricordi e di coincidenze che ci univano ogni volta con sorpresa reciproca. Un’amicizia iniziata 56 anni fa.
Mi chiamavi “ Angelo della mia vecchiaia” e infatti, su tutti i tuoi libri, la dedica, con poche varianti, era sempre quella. E io ti rispondevo ridendo accennando a “Non sono un angelo” di Lucio Dalla e che, spesso, assieme a Lucio Battisti, era la colonna sonora dei nostri lunghi viaggi in auto.
Cara Giulia, ritrovarti è stato un dono, è stato per me ritrovare la mia giovinezza e anche la mia sorella perduta, Rosanna la poetessa, alla quale anche tu eri molto legata.
E il nostro incontro, avvenuto nel corso del tempo in varie tappe, è stato per me come l’inizio di una meditazione, quando Kamalashila ci insegna “ a porre la mente”, a “ porla di nuovo”, a “porla in modo ravvicinato”, a “ porla in continuazione”.
Anche i nostri incontri credo siano stati “ voluti”. Anzi, di questo ne sono certa.
In 56 anni, infatti ci siamo ritrovate 3 volte come in un perfetto sillogismo: A B C.
Tre tappe, tutte per me fondamentali. Proprio come nella meditazione, quando ci si siede sul cuscino, e c’è un inizio, un intervallo e una fine alla quale segue una dedica.
Questa è dunque la mia dedica per te cara Giulia che sei nata con il Solstizio d’inverno e te ne sei andata, ma solo con il corpo, il primo giorno d’estate. Ero su un treno che mi riportava a casa quando Daria mi ha chiamato. E, in quel momento, guardando fuori dal finestrino, ho visto scorrere la nostra vita fra gli alberi e il fiume che si allontanavano dalla vista e mi è tornata in mente quel nostro primo incontro, nel 1966, in via delle Zoccolette 11 a Roma. Abitavi a casa di Giosetta Fioroni e stavi scrivendo “Il Grande angolo”. Io abitavo di fronte, al Portico d’Ottavia, in casa di mia sorella più grande che scriveva poesie. Tu, Giosetta e Rosanna eravate molto amiche e vi vedevate molto spesso. L’impressione che ho avuto subito di te si è impressa nella mente e non se n’è più andata. Ricordo ancora benissimo il suono della tua risata scoppiettante e il tuo sorriso luminoso, i tuoi occhi brillanti e castani; e ricordo voi tre, giovani trentenni, che per me che venivo da Milano e facevo ancora il Liceo, rappresentaste la libertà, la voglia di vivere, di ridere e di scoprire il mondo.
Il nostro secondo incontro avvenne quasi vent’anni dopo quando un indimenticabile amico comune, Gian Marco Chiavari, psichiatra infantile e gallerista di Parma, mi telefonò per accompagnarlo da te in San Michele del Carso per farti firmare delle cartelle d’artista. E io fui felicissima di fargli da guida per le strade di Milano che non conosceva e di rivederti dopo tanti anni.
Il terzo step di questa nostra storia meravigliosa è avvenuto nel 1995 quando un altro fraterno amico, GianCarlo Montebello mi portò per la prima volta al Centro Ghepeling . Già l’anno prima, nel ‘ 94 , Montebello mi aveva preso per mano per condurmi a Jispa al confine con il Ladak per il mio primo Kalachakra, “ La Ruota del tempo” . L’anno dopo , mi ricondusse da te. Entrando al Ghepeling , GianCarlo mi parlò subito di te che stavi un po’ in fondo, di spalle, vestita da monaca tibetana perché ormai eri diventata da anni Ani la Giulia, la protettrice, la generosa, l’attenta consolatrice di tutti noi.
Cara Giulia, grazie di tutto. Grazie di avermi insegnato la rinuncia, la consapevolezza, la compassione e di avermi fatto capire che, a un certo punto della vita, non c’è davvero più bisogno di nulla.
Ta nga di ghi du, che, tradotto, significa “a me va bene così” e che mi fa pensare con grande affetto e commozione a quel tuo “New Frisbee” che hai scritto nel 2013.
“La mente non cerca più niente,
da fuori, si assorbe in se stessa.
Si assorbe in se stessa.
Sperimenta la contentezza mentale:
l’essere soddisfatti di quello che c’è.
La prima vera vacanza nella vita.”