Il primo Natale di cui ho memoria è quello dei miei sei anni. Ricordo tutti i regali che ricevetti: una bambola che si poteva tenere per mano per farla camminare insieme a te, una stufetta con i pentolini (era un gioco-non gioco perché si poteva accendere per davvero) e un vassoietto corredato di tazzine e caffettiera. Nella mia famiglia non mancava niente: eravamo solo due figli e mio padre faceva il falegname lavorando in proprio con zii e cugini. Questi regali, però, arrivati il primo Natale, ricomparivano uguali uguali i Natali successivi. Fino a nove anni l’emozione di scartarli era così grande che non mi accorgevo che erano sempre gli stessi. Ogni anno, però, la mamma cambiava l’abito alla bambola.
Era lei a fargliene sempre uno diverso con i ferri e la lana. A casa mia potevo giocare per un mesetto circa con la mia cucina e la mia bambola prima che scomparissero. Un giorno tornavo a casa e la bambola non la trovavo più: “Mamma, dov’è la bambola?”, “L’ha portata via Gesù Bambino perché hai fatto la cattiva”.
Io non lo sapevo se ero poi così cattiva, semplicemente per un po’ di tempo mi scervellavo per capire dove fosse andata a finire la bambola e quando smettevo di chiedermelo la bambola per magia ricompariva. Già, mia madre, donna devota e severa, sapeva riconoscere i miei sforzi di brava bambina e ogni tanto, durante l’anno, faceva riapparire nella mia cameretta la bambola cosicché io potessi giocarci insieme qualche ora.
Elisa