Robespierre o il Fortunadrago, il governo che verrà

di Enzo Biffi

La rivoluzione possibile e l’impero del nulla: lo stato d’animo collettivo, al di là delle volontà politiche espresse, sembra essere questo. Fra colleghi e amici, coi parenti e al ristorante, sembra di percepire uno stato di attesa, di sospensione sospetta, forse anche di vaga speranza.

Si coglie uno strano pudore nell’esprimersi, quasi che, ben consci che tutto può accadere, anche le dichiarazioni sul possibile debbano essere caute. Badate bene: non parlo dei poveri giornalisti e tele-comunicatori costretti per stipendio a commentare, argomentare e spiegarci ciò che nemmeno loro hanno capito. Quello che noto è lo smarrimento della gente comune davanti allo scenario, troppo nuovo per i vecchi e troppo vecchio per i giovani, tra strategie, dinamiche e accordi.

D’altronde la posta in gioco è alta: il progetto definito da molti ambizioso si porta appresso qualche sospetta incongruenza, quindi un po’ confusione è comprensibile. Del resto quando il fine è così elevato (salvare il paese)  i mezzi passano in secondo piano e il metodo deve essere all’altezza, sia quel che sia.

Così in principio dalla ruspa al “vaffa” venne l’alleanza, poi ne seguì la consultazione , il sospetto corteggiamento e infine il contratto, da avallare a mezzo o piattaforma digitale o  gazebo. 

Maximilien de Robespierre è stato Presidente della Convenzione Nazionale della Prima Repubblica Francese da agosto 1793 al 5 settembre dello stesso anno

Restiamo quindi tutti in attesa di capire meglio, indecisi se acclamare i Robespierre contemporanei o rassegnarci a riconoscere il Fortunadrago agonizzante, con le  bandiere del nulla a sventolare sul castello.

Il dubbio che ci divide e resetta il nostro pensiero ad ogni abbozzata dichiarazione d’intenti sta tutto nell’interrogarci sul senso dell’uovo di Colombo, applicato ad ogni gigantesco problema che ci attanaglia da anni. Ma come? Uno più uno, due!

La realtà è capovolta e la risposta – da semplice e ahimè scontata balla elettorale – diventa accordo surreale. Superando perfino la sceneggiata televisiva (vedi contratto firmato in diretta), il consenso arriva da lontano: con le parole d’ordine facili, capibili, banali come la soluzione dei problemi.

Paghi uno prendi due, e che non lo sapevi?

Le parole sono svuotate: popoli che si dicono oppressi ne discutono appassionatamente durante un apericena.

Le storie delle persone considerate inutili: per fare il primo ministro basta qualche buona idea copiata al Bar Sport, e beata Luisona.

I dati e le statistiche fatti carta straccia: reati in calo da anni ma invocazioni all’autodifesa contro l’assedio.

Si ignora lo sterminio casalingo di mogli e fidanzate: ma l’invasione è alle porte, non si può più uscire la sera.

E democrazia on-line, e debito scontato, e redditi dovuti, e così via…

Così nel gioco cinico del preferiresti, ci troviamo divisi come tifosi, ergo faziosi, a disquisire se sia meglio sperare nel nulla o in quella promessa rivoluzione votata, fatta contratto e governo di Robespierre nostrani, sperando che alle indubbie buone intenzioni del prima non seguano le ghigliottine del dopo.

E anche se “Ne abbiam visti geni e maghi uscire a frotte, per scomparire”, forse dovremmo augurarci che ancora questa volta facciano in fretta e sperare nei loro trucchi venuti male: che ci facciano almeno continuare a ridere ma non lascino troppi danni.

 

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