di Mattia Gelosa
Ieri, “Il dialogo di Monza” ha intervistato in esclusiva Saif Abouabid, giovane musulmano che fa spesso da portavoce dell’associazione dei Giovani Musulmani d’Italia in tv.
Con lui abbiamo parlato di argomenti vari, ma abbiamo tenuto come focus l’associazione e il significato che ha l’essere oggi musulmani in Italia.
Chi sono i Giovani Musulmani d’Italia?
Sono un gruppo di oltre 5000 ragazzi che si ritrovano in diverse sedi in tutta Italia per discutere, imparare, crescere come persone e come musulmani. L’idea di questa rete nasce nel 2001 come esigenza di una risposta dell’Islam al dramma dell’11 settembre, così a Milano venne creato il primo centro e ad oggi questa realtà si è espansa a 38 luoghi di incontro sparsi in tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Di cosa discutete? Non penso siano solo incontri che potremmo definire “di catechismo”.
Assolutamente no, la componente di insegnamenti religiosi è ovviamente forte, ma si discute anche dei problemi dell’Italia, della cultura e dei valori di questo paese che noi sentiamo nostro perché lo amiamo davvero.
Bisogna capire che l’Islam non ha alcun principio che contrasta con la Costituzione Italiana, ma è anche vero che nessuna parte della Costituzione è in opposizione alla nostra religione: essere musulmani e credere nei valori su cui si fonda l’Italia sono due situazioni complementari.
L’integrazione inizia anche da questo, dal capire che di fondo abbiamo molto da condividere.
In questo senso, mi viene in mente, però, la brutta vicenda della ragazza di Udine, picchiata dai genitori perché questi hanno scoperto che a scuola lei toglieva il velo.
Il velo è sempre un argomento caldo, ma trattato spesso con sufficienza. L’Islam non lo impone, è una scelta e infatti nei nostri incontri 2/3 delle ragazze non lo indossano. Per farlo, poi, bisogna fare un percorso ed essere preparati: non è un semplice indumento, ma un simbolo e una manifestazione di una scelta che va presa con convinzione. Questi genitori che obbligano con metodi di violenza sono solo da condannare.
Gli obblighi non aiutano nessuno, le scelte non devono essere forzature: mettere il velo da un giorno all’altro e camminare fra le strade di un piccolo paese di provincia è un cambiamento forte, non va preso alla leggera.
Il dramma dei profughi, tra l’altro provenienti da paesi islamici, non sembra cessare. Come opera nel concreto la comunità musulmana italiana per aiutare queste persone?
Ha presente la famosa “Emergenza profughi” nata a Milano nel 2013? Ecco, tutto è partito dalla nostra segnalazione circa persone musulmane che sembravano aggirarsi per Milano in modo circospetto. Da qui partì una serie di operazioni che scoprirono un nutrito gruppo di profughi, quasi tutti della Siria, che cercavano di partire per la Germania.
Noi abbiamo aiutato il Comune a trovare queste persone e siamo stati anche premiati dall’Amministrazione per la collaborazione. Oggi il fenomeno è esploso e ormai può essere gestito solo da forze esperte, per cui noi ci siamo dovuti defilare.
Tuttavia, facciamo continuamente raccolte di generi alimentari, vestiti, prodotti igienici da inviare ai centri di accoglienza o ai paesi in emergenza per la guerra.
Le associazioni che operano sul territorio sono molte, è difficile elencarle.
Come vede il futuro dell’Italia, specie dopo l’incertezza politica creatasi con le dimissioni del premier dopo la sconfitta al referendum?
“Dopo ogni difficoltà, arriva una facilitazione”: così recita un versetto del Corano e così credo che accadrà. Siamo in tempi duri per tutti, per via della crisi e di tutti gli strascichi che porta, ma questo ha dimostrato come i veri valori non siano da trovarsi nella moneta e negli indici della borsa, ma fra i valori umani. La crisi ha risvegliato principi come la solidarietà, la condivisione e la generosità, per cui proprio ripartendo da questi atteggiamenti l’Italia e gli italiani possono ripartire, e ripartiranno.
L’Italia ha un passato glorioso senza eguali, il che serve per avere anche speranza per il futuro. Ci risolleveremo.
Con questa speranza si è chiusa la nostra piacevole intervista telefonica. Saif è stato disponibile e chiaro, la sua voce quando parlava dell’Italia tradiva note di emozione sincera: nonostante siano ancora spesso emarginati, accusati di essere diversi o addirittura criminali e terroristi, in loro pare forte un sogno tanto semplice, quanto grande. Non sentirsi più ospiti dell’Italia, ma sentirsi a tutti gli effetti parte del suo popolo.
Mattia Gelosa