Salvini e gli immigrati

di Luigi Picheca

Non si può dire che il nuovo ministro dell’Interno Matteo Salvini mi sia mai stato simpatico ma devo riconoscere che sta mantenendo il suo atteggiamento politico con assoluta linearità. Certo ha scatenato la immancabile reazione dei soliti critici che, forti dei comuni sentimenti cristiani, si uniformano alle apparenze senza entrare nel merito.

È ovvio esprimere disapprovazione verso l’atteggiamento di Salvini se ci si ferma alla superficie del problema ma mi chiedo che senso abbia continuare ad accogliere persone in cerca di un futuro che non possiamo minimamente assicurare a nessuno di loro.

È un po’ come invitare degli amici in villa per poi farli accomodare in un porcile e pretendere che siano felici. Non possiamo fare finta di non sapere che la maggior parte di questi disperati, già provati da privazioni, soprusi e violenze, vadano ad alimentare l’industria del crimine, della mafia, della malavita nelle sue variegate forme presenti sui nostri territori.

Su questo non posso certo dire di essere ostile a Salvini che, coerentemente, applica il suo pensiero sventolato ad ogni suo comizio. Forse non siamo abituati ad avere un rappresentante politico che mantiene le sue promesse con inflessibile fermezza ma se il mondo ha celebrato per anni la Signora Thatcher come la Lady di Ferro inglese per la sua inflessibilità, non vedo perché non riservare questo appellativo a Mister Salvini per la sua fermezza.

Fermarsi alle apparenze è spesso sintomo di immaturità intellettuale ed è necessario cominciare a guardare più avanti e ragionare secondo un’ottica lungimirante e onesta senza dare spazio a sentimentalismi di dubbia efficacia.

Ho sentito per anni invocare dai nostalgici di destra e di sinistra il ritorno di personaggi dotati di polso fermo, forse è arrivato il momento della verità, vediamo se i milioni di italiani che lo hanno scelto hanno avuto ragione.

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