di Isabella Procaccini
“…e se una era destinata, destiniamola!” Così si conclude la commedia La morte balla sui tacchi a spillo, interpretata da Silvana Fallisi e diretta da Corrado Accordino.
Il testo, scritto da Michela Tilli, porta in scena la morte, o meglio, porta in scena i pensieri e le riflessioni di Donna Tanina che, trovandosi da sola alla veglia funebre per l’amica Vittoria Ambrosoli detta Vita, si interroga sui perché di tanta indifferenza. Cosa avrà mai combinato la “cara” Vita per essere lasciata sola? In realtà Donna Tanina qualche idea ce l’avrebbe… per l’intera durata dello spettacolo assistiamo ai racconti della protagonista che ci fa immergere nel suo mondo, quello di un piccolo paese dell’entroterra siciliano scosso dai cambiamenti degli anni sessanta.
Infatti, mentre la donna attende che arrivi qualcuno alla veglia, la radio trasmette notizie d’oltreoceano e, di sotto, in piazza, esplodono manifestazioni che vedono contrapporsi democristiani e comunisti. Sono gli anni del boom economico, del sogno americano e dell’incremento demografico, un mondo che alla maestra Tanina va stretto. Lei, così profondamente legata alle proprie origini, agli stereotipi e al “paese dove tutto deve restare com’è, con Don Raffaele che governa da sempre”, al progresso non vuole proprio adattarsi.
Ed è così che partono i ricordi e, mentre il proscenio diventa il luogo della memoria, iniziamo ad immergerci nel suo di mondo, quello più strettamente personale, quello segnato da una tremenda cesura tra un prima e un dopo… e questa cesura si chiama Vittoria Ambrosoli.
Il primo ricordo è proprio quello del suo arrivo in paese; bellissima, “scollacciata”, provocante, tutti la guardano e nessuno ha più occhi per lei. Ad attenderla in piazza ci sono lei, il preside Calogero, Don Raffaele e due guardie. Ad un tratto si odono tre spari: i primi due sappiamo colpire le guardie… ma il terzo? Non è dato sapere. Il terzo non può che colpire Tanina… l’arrivo di Vittoria uccide il suo essere donna, uno sparo che ferisce la protagonista nel profondo dell’anima.
Non è un caso che Vittoria sia detta Vita e Tanina a un certo punto balli sui tacchi a spillo… Tanina è morta come moglie, come madre e come maestra. Il suo mondo non esiste più, ne esiste un altro che si rifiuta di accettare, è la realtà dell’emancipazione, della libertà e del progresso, è la realtà di Vita e della vita. L’unico amico che le rimane è Salvatore, colui che vede tutto e sente tutto… unico testimone di un finale che nessuno si sarebbe aspettato.
La pièce si compone di toni piacevoli e comici che Silvana Fallisi interpreta magistralmente con un perfetto accento siciliano che accompagna il riso dello spettatore per l’intera durata del dramma. Il testo le calza a pennello! Anche se il pubblico non vede mai Vita in scena, le parole, gli arredi e i costumi disposti ad hoc rendono la sua immagine nitida nelle nostre menti e, in più, la bravura della Fallisi e del regista, che muove i fili della storia, permettono di vedere riuniti in un monologo quattro personaggi, perfettamente connotati nei movimenti e nei toni di voce. Apprezzatissimi i colloqui tra Fallisi/Tanina e Fallisi/Salvatore… da vedere!