L’oscurità della mente, dove albergano emozioni contrastanti, dove le frustrazioni della vita non trovano soluzione, quell’antro misterioso si palesa subito visitando la mostra “Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra“.
Dalla prima alla ventiquattresima sala, l’ultima, si è avvolti dal buio che crea una situazione straniante e proietta il visitatore in quel momento storico così bisognoso di nuovi linguaggi, capaci di offrire nuove risposte.
Solo i dipinti sono illuminati. Sulle tele appaiono donne maliarde e vergini, sensuali e angeliche, donne ghepardo e pudiche vestali, simbolo dei contrasti vissuti dagli intellettuali protagonisti di quegli anni.
Intellettuali che si chiamano Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, poeti francesi, Arthur Schopenauer, filosofo tedesco. Nel 1886, in Francia succedono due importanti accadimenti. Sul giornale “Le Figaro”, il letterato Jean Moreas pubblica ” Il Manifesto dei Simbolisti “ e viene tradotto “Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenauer che è accolto con grande interesse proprio perché propone una distinzione precisa fra apparenza ed essenza. “Tutto ciò che è esterno all’uomo, soggetto pensante, non esiste se non funzione dell’idea che egli se ne fa” scrive il filosofo.
Ci sembra proprio questa la chiave di lettura per comprendere gli artisti del “simbolo”. Andare oltre la percezione limitata alla vista, meglio – dicono – indagare con gli altri sensi, superare le apparenze, cercare l’elemento trascendente, poetico, religioso, visionario.
Ed ecco che gli artisti, praticamente in tutta Europa, ricorrono alla fantasia, al mito, alla metafora, al sogno. Complice anche l’affacciarsi sulla scena della psicanalisi. Nel 1900, Sigmund Freud pubblica “L’interpretazione dei sogni”.
E, il corpo femminile, seducente o inviolato, simbolo di vita e di morte, ben si presta al rinvio ad altri significati.
La Sfinge di Ferdand Khnopff, pittore belga, è l’opera scelta come icona della mostra. Il perchè lo spiega Fernando Mazzocca, curatore della rassegna a Palazzo Reale a Milano.
Belgi, francesi, svizzeri e tedeschi un fiume di idee e di colori che in Italia trova sponde felici. Se in Francia il punto di riferimento è Charles Baudelaire, in Italia è il decadente Gabriele D’Annunzio, poeta immaginifico, esteta capace di trasferire attraverso le parole non solo la bellezza, ma la vita del profondo.E Gaetano Previati, Giulio Aristide Sartorio, Giovanni Segantini ne sono interpreti fecondi attraverso un’avvolgente pittura divisionista. E, ancora una volta, è la donna protagonista dell’universo sognante dei Simbolisti
Non perdetevi di ammirare una preziosa serie di incisioni del tedesco Max Klinger.
“Il Guanto ” si intitola e ha ispirato anche Francesco De Gregori.Un guanto perduto , simbolo di una storia d’amore sofferta, simbolo di un amore desiderato e subito perduto.
Daniela Annaro