Steve McCurry: il mondo visto con i suoi occhi

imageragazza afganaHo imparato a essere paziente – racconta il grande fotoreporter –. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te”

La Villa Reale restaurata apre le sue porte ad uno degli artisti più rappresentativi del nostro tempo, uno dei più apprezzati maestri della fotografia contemporanea.

Chi non ricorda il ritratto mozzafiato della  “ragazza afgana dagli occhi verdi”,  fotografia scattata in un campo profughi vicino a Peshawar in Pakistan nel 1984. Chi non ha provato un’emozione profonda di fronte al potere comunicativo di quegli occhi spalancati, che sembravano bruciare di sgomento, rabbia e paura.

Parliamo di Steve McCurry, il fotografo che da trent’anni continua a sbalordirci con la potenza delle sue immagini.

Giochi di ombre, Preah Khan, Angkor, Cambodia, 1999
Giochi di ombre, Preah Khan, Angkor, Cambodia, 1999

Nato in un sobborgo di Philadelphia, dopo gli studi inizia la collaborazione, come freelance, con un giornale locale. Poco dopo compie il primo dei suoi numerosi viaggi in India e con una sacca di vestiti e una di pellicole, attraversa tutto il subcontinente, lo esplora, lo immortala. Di viaggi ne seguiranno molti altri, un po’ ovunque, soprattutto in Oriente.


E’ da anni un mito vivente, un testimone del nostro tempo che, attraverso la sua arte, ci interroga sui destini dell’umanità, ci interpella, ci pone problemi, interrogativi.  La sua fotografia mette al centro l’uomo e la sua umanità.


“Oltre lo sguardo
” è la mostra di Steve McCurry che, dal 30 ottobre  e fino al 6 aprile 15, nelle prestigiose sale del Secondo piano nobile della Villa Reale, ci consente di fare uno straordinario viaggio intorno al mondo: Afghanistan, Birmania, Cambogia, Etiopia, Giappone, India, Kuwait, Sri Lanka, Italia,  sono alcuni dei luoghi. Ma  questa mostra è anche un viaggio nel tempo, che ci parla di culture, tradizioni, diritti violati.


E ancora, come spiegano gli organizzatori, del suo desiderio di “condividere la prossimità con la sofferenza e talvolta con la guerra, con la gioia e con la sorpresa, conquistando la fiducia dei soggetti che si trovano di fronte al suo obiettivo”.


L’allestimento di Peter Bottazzi, fatto di scale, pannelli, strutture di legno, crea un gioco di richiami tra gli scorci delle 150 gigantesche fotografie selezionate e gli ambienti monumentali, le porte, gli  specchi, i decori della Villa.


L’artista inoltre rivela i segreti del suo lavoro attraverso una audio guida a disposizione di tutti i visitatori e una serie di video installati negli spazi espositivi, nei quali ci racconta le immagini esposte, i suoi viaggi e il suo modo di concepire la fotografia.

Daniela Zanuso

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