Storie del Ghetto di Budapest

di Nicoletta Pallini

Non fu facile nel 1984 per i due fratelli gemelli, Nicola e Giorgio Pressburger, giornalista economico il primo a Panorama e poi a Capital e regista radiofonico e di teatro il secondo, nati a Budapest nel 1937, trovare un editore disposto a pubblicare i racconti della loro vita e di quella della loro famiglia nel ghetto di Budapest, buona parte della quale terminò la propria esistenza nei campi di sterminio.

Molti editori, infatti, allora, rifiutarono il manoscritto del loro primo libro “Storie dell’VIII Distretto”, che fu invece accolto con entusiasmo da Don Luigi Balletto allora direttore editoriale della Marietti a Casale Monferrato. Così come avvenne anche per il secondo, “L’elefante verde”. Ricordo quel viaggio pieno di un’allegria speranzosa che portava noi tre, su suggerimento dell’amico Giulio Bollati, verso quella piccola ma importante casa editrice di Casale non lontano dalla più antica Sinagoga d’Italia.

Giorgio Pressburger (il nostro giornale lo ha intervistato nel 2017, leggi qui)

Molti anni sono trascorsi da allora. Giorgio, scomparso nel 2017, divenne poi un affermato scrittore, Direttore del Festival di Spoleto, di Cividale del Friuli e, per “chiara fama” persino dell’Istituto Italiano di Cultura della sua città natale per due mandati. Nicola, invece, non riuscì a vedere la pubblicazione né del primo volumetto né del secondo e non c’è più, ormai, dal 1985, l’anno della terribile nevicata a Milano.

Rivedere e rileggere oggi i loro due libri, raccolti ora in un unico volume da Marsilio con il titolo “Storie del Ghetto di Budapest” mi emoziona ma al tempo stesso mi rallegra e mi riempie di gioia.

L’origine di questi racconti che offrono uno sguardo ulteriore sul tema della Shoah e su un capitolo forse – almeno allora – meno conosciuto della letteratura ebraica dell’Est, è poi speciale.

Sono nati infatti dal profondo affetto che legava i due gemelli, uno dei quali, Nicola, colpito dalla malattia, voleva ripercorrere con il fratello la sua storia, fissarne la memoria così come quella della loro famiglia, dei genitori e dei nonni, mercanti di oche con un banchetto a Teleki Ter, la piazza del mercato al centro dell’VIII distretto, il quartiere ebraico di Budapest.

Tradotti in varie lingue, i loro due libri che hanno visto numerose edizioni nel corso del tempo, furono scritti a 4 mani, un racconto a testa, dove i due fratelli hanno mescolato ciascuno i propri ricordi di vita vissuta , di bambini che portavano come gli adulti la stella gialla cucita sul bavero del cappottino e che solo per l’ affettuosa generosità di un prete cattolico, riuscirono a sfuggire alle retate perché nascosti nello scantinato di una chiesa. Non solo lo stesso destino ebbero invece i loro nonni nel lager di Bergen Belsen.

E questi racconti non sono tutti solo frutto di fantasia, anzi. I personaggi che incontriamo, da Selma Grun, a Franja la Volpe, da Nathan, a Isacco e a Rachele, o gli stessi profumi che vi respiriamo, sono gli stessi che si trovavano in quella casa verde sul ballatoio, o in quel caffè di Vaci Utca dove, nelle giornate più fortunate, si andava a fare merenda con un “dobos” il dolce tipico di Budapest. Sono storie dunque che ci vengono raccontate da due cantastorie d’eccellenza in un italiano fluido e malinconico ma ricco di tenerezza e anche di umorismo e di ironia come nella migliore tradizione della letteratura yiddish.

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