di Marco Riboldi – foto di Stefania Sangalli (*)
Forse è a causa sua.
Se noi monzesi siamo un po’ restii ad ammettere che oltre i confini della nostra città esista un mondo che può, almeno in qualche aspetto secondario, essere persino migliore di quel che troviamo tra le nostre strade, forse il motivo sta in quella storia straordinaria che una tedesca di tanti secoli fa ha costruito da queste parti.
Teodolinda (lo so, i colti mi diranno che la scrittura esatta del nome sarebbe differente, qualcosa come Theodelinda, ma noi monzesi siamo in confidenza e la chiamiamo così) era, come noto, una nobildonna di purissima stirpe bavara, nata probabilmente a Ratisbona attorno al 570.
Divenne importante per noi quando nel 588 sposò il re longobardo Autari, impegnato nella contesa con i Franchi e desideroso di procurarsi l’appoggio dei Bavari. Il matrimonio durò poco: Autari morì dopo poco più di un anno.
Teodolinda però si risposò con Agilulfo, duca di Torino e poi re dei Longobardi.

Iniziò con questo matrimonio il periodo di grande influenza e potere della regina.
Il primo, fondamentale contributo che Teodolinda diede alla nostra storia fu la conversione del popolo longobardo al cattolicesimo, cui la regina aderiva, a differenza del marito, che sosteneva la eresia ariana, mentre larga parte del popolo era ancora pagana.
La funzione di Teodolinda è ben testimoniata dai molti scambi epistolari con papa Gregorio Magno, e portò non solo alla conversione al cattolicesimo, ma anche all’avvio di un complicato cammino di avvicinamento tra il Patriarcato di Aquileia (importante centro di riferimento dei Longobardi del Nord Italia) e il Vescovo di Roma.
La questione non era semplice: c’era di mezzo una storia lunga di dispute e di scismi, culminata nel cosiddetto Scisma dei Tre Capitoli, in sostanza una controversia sulla natura umana e divina di Gesù. Come sempre alle raffinate questioni teologiche (ve le risparmio. Vi bastino i nomi per allarmarvi: monofisismo, duofisismo, miafisismo) si mescolavano questioni di potere e di interesse, come i beni sottratti alla chiesa, che Teodolinda contribuì a far restituire.

Parentesi: è in qualche modo legata a tutto questo, sia pure a distanza di secoli, la decisione dei monzesi di non aderire al rito ambrosiano, ma di tenere il rito romano nelle celebrazioni liturgiche.
La leggenda vuole che i monzesi rispondessero alle sollecitazioni di San Carlo Borromeo, vescovo milanese che voleva portare al rito ambrosiano anche la nostra città, con la frase “O Romani, o Luterani”. (naturalmente la cosa è un po’ più complessa, in realtà, ma la leggenda testimonia una certa caparbia tendenza monzese all’autonomia, che non pare essere venuta meno nei secoli).
Un merito non secondario della coppia regale fu poi il sostegno dato a San Colombano, un monaco irlandese che fondò monasteri in mezza Europa e che ottenne da Teodolinda la terra su cui erigere il monastero di Bobbio, sull’Appennino piacentino.
L’influenza politica della regina continuò a lungo, anche dopo la morte del secondo marito, quando ella resse il regno come reggente, essendo ancora minorenne il figlio erede al trono.
Tra il 626 e il 627, con la morte a breve distanza di figlio e madre, la fase monzese del regno longobardo giunse alla fine.
Memoria forte della Regina è il nostro Duomo.
Tutti conoscono la leggenda tradizionale. Avendo promesso la costruzione di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista, la regina Teodolinda ebbe una visione in sogno: una colomba si posava in un punto della città dicendo “Modo” (qui) e la regina rispose “Etiam” (sì).
Da qui si vuole far scaturire sia l’indicazione del punto dove costruire la chiesa, sia il nome della città, Modoetia.
In realtà, a Monza Teodolinda aveva fatto erigere un palazzo reale per farne la reggia estiva (oggi pare che una parte sia ancora inglobata nel grande edificio del Duomo) e accanto ad esso una cappella palatina. In effetti le informazioni storiche in merito sono piuttosto scarse ed impediscono di dire molto di più, circa quegli anni lontani.
Abbiamo la testimonianza di una robusta dotazione di rendite e di tesori, compresi molti doni papali, ulteriore attestazione della buona relazione intercorrente tra il papa Gregorio Magno e Teodolinda, per i motivi sopra citati.

Quando nel 1300 il Duomo che conosciamo comincia ad essere costruito, la Cappella di Teodolinda diventa il luogo dove vengono traslati i resti della regina e di suo figlio, in un sarcofago ancora oggi esistente e per molti anni oggetto di venerazione.
La regina venne infatti considerata come Beata dal popolo, anche se la chiesa non ha mai riconosciuto in modo formale tale beatificazione: il giorno in cui verrebbe ricordata è quello della morte, il 22 gennaio.
La cappella di Teodolinda, che ospita anche la celebra Corona Ferrea (che la leggenda vuole sia costruita con il ferro ricavato da un chiodo della Croce di Cristo), verrà poi decorata con la splendida serie di affreschi dei fratelli Zavattari, un autentico capolavoro, oggi ancora più godibile dopo il restauro effettuato in anni recenti grazie al mecenatismo della monzese famiglia Gaiani, cui si deve anche la nuova sistemazione del Museo, dove si possono vedere, tra gli altri oggetti, quei preziosi tesori di cui si è parlato e che in alcuni casi costituiscono esempi importantissimi dell’arte medievale e non solo.
Insomma tra storia e leggenda, ecco un bell’esempio di figura femminile da servire su un piatto d’argento a tutti i cantori del “Medioevo epoca buia” e per i monzesi un momento di autocoscienza e di memoria di quando si poteva davvero proclamare quel che sta scritto nello stemma della città “Est sedes Italiae Regni Modoetia Magni” (Monza è sede del Gran Regno d’Italia).
(*) foto realizzate durante la conferenza stampa di presentazione del restauro della Cappella Zavattari. http://www.ildialogodimonza.it/il-ritorno-di-teodolinda/
Monza, 22 gennaio 2020