Trent’anni dalla Strage di Capaci

di Virginia Villa

Trent’anni ci separano da quel 23 maggio 1992 passato alla storia come il giorno della Strage di Capaci, attentato terroristico a sfondo mafioso nel quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, uccisi da un ordigno posto sull’autostrada a pochi chilometri da Palermo. Il collega del giudice Falcone, Paolo Borsellino, verrà ucciso 57 giorni dopo.

Trent’anni non bastano per dimenticare, una vita intera non basta per dimenticare l’operato dei due magistrati che per primi si impegnarono concretamente per combattere la mafia, costituendo un “pool” grazie al quale riuscirono a catturare centinaia di mafiosi e condannarli nell’ormai famoso maxi-processo concluso il 30 gennaio del 1992.

Le iniziative in memoria della Strage di Capaci

Sono moltissime le iniziative che da nord a sud investono il nostro Paese di un’onda che grida alla giustizia e alla lotta alla mafia.

A Milano è stato deciso di legare questa giornata simbolo al mondo dell’istruzione per sensibilizzare i ragazzi, che sono coloro che guideranno il paese in futuro, sul tema della legalità.

Le scuole sono il punto di riferimento delle iniziative per il Trentennale e proprio per loro è stata organizzata una settimana della legalità, dal 23 al 27 maggio, realizzata a coronamento del percorso didattico dei singoli istituti e frutto della collaborazione tra il Coordinamento scuole milanesi per la legalità e la Cittadinanza attiva e il Centro per la legalità di Milano.

In programma convegni, incontri e conferenze, giornate di formazione e pranzi della legalità. La settimana sarà aperta lunedì 23 maggio dal convegno “Contro le mafie, un approccio ostinato, consapevole e globale di tutto lo Stato e della società civile. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo: sulle loro gambe, orme e idee che ci parlano ancora“, organizzato dal Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la Cittadinanza attiva e il Centro per la legalità di Milano, con il contributo di Libera Milano e della Scuola di formazione Antonino Caponnetto. Interverranno Alessandra Dolci, Coordinatrice della DDA di Milano, il Presidente onorario di Libera, Nando dalla Chiesa e alcuni rappresentanti degli studenti.

Le celebrazioni per il trentennale termineranno sabato 28 maggio con “In campo per Capaci” un torneo di calcio a 5, organizzato da WikiMafia e ACD Macallesi, dalle ore 10 alle ore 18 presso la struttura della Scuola calcio Macallesi in via Marco Fabio Quintiliano 46.

A Palermo, città dei magistrati Giovanni Falcono e Paolo Borsellino, nonché luogo cardine della lotta alla mafia, la Fondazione Falcone ha scelto come tema “memoria per tutti”, con il quale si intende ricordare così chi non c’è più, uomini e donne delle istituzioni, politici, magistrati, sacerdoti, sindacalisti e giornalisti, semplici cittadini morti per un Paese libero dalle mafie, ma anche chi è vivo e con il suo impegno si batte ogni giorno per la democrazia e la giustizia.

Dopo due anni di isolamento forzato, si tornerà di nuovo in piazza. Il 23 maggio, giorno dell’anniversario dell’attentato di Capaci, dalle 10 del mattino e fino al pomeriggio, al Foro Italico a Palermo, nel cuore della città storica dove sono nati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la Fondazione Falcone accoglierà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, delegazioni di scuole d’Italia, esponenti delle istituzioni del Paese, alcuni dei protagonisti dei drammatici giorni degli attentati del ’92 e artisti, musicisti, esponenti del mondo della cultura, testimoni di un Paese che vuole guardare al futuro senza dimenticare. 

Movimento Agende Rosse

Se ancora oggi si parla di lotta alla mafia, legalità, giustizia e libertà è anche grazie ad associazioni e movimenti come quello delle Agende Rosse, nato con il preciso scopo di incoraggiare la parte migliore delle Istituzioni nella ricerca della piena verità su moventi e mandanti della strage di via D’Amelio e di sostenere tutti i rappresentanti dello Stato vittime di campagne di delegittimazione oltre che a rischio della stessa vita per aver scelto rendere viva la Costituzione nella propria professione.

Il Movimento nasce su impulso di Salvatore Borsellino il quale il 15 luglio 2007 scrive la lettera intitolata “19 luglio 1992: una strage di Stato” nella quale afferma che la ragione principale della morte del fratello Paolo è da ricercarsi nell’accordo di non belligeranza stabilito tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra in seguito ad una trattativa fondata sul tritolo delle stragi in Sicilia del 1992 ed in continente del 1993.

Salvatore Borsellino chiede di avere delle risposte sulle omissioni delle più elementari misure di sicurezza in via D’Amelio il giorno della strage e di sforzare la memoria ad alcuni rappresentanti delle Istituzioni che incontrarono Paolo Borsellino nelle sue ultime settimane di vita e che pertanto conoscono elementi fondamentali per ricostruire lo scenario in cui maturò l’accelerazione della fase esecutiva dell’eccidio.

La misteriosa agenda rossa di Paolo Borsellino

Perchè si è scelto il nome “Movimento Agende Rosse”? A seguito della morte di Giovanni Falcone, nei pochi mesi che precedettero l’uccisione di Paolo Borsellino, quest’ultimo riportò parte dei contenuti dei suoi colloqui investigativi su un’agenda rossa che aveva ricevuto in dono dall’Arma dei Carabinieri.

Il Magistrato ripose l’agenda nella sua borsa di cuoio poco prima di recarsi dalla madre in via D’Amelio il 19 luglio 1992. Da quel momento dell’agenda si sono perse le tracce: nella borsa trovata intatta dopo l’esplosione sono stati rinvenuti alcuni oggetti personali ma non l’agenda.

Chi se ne è appropriato può oggi utilizzarla come potente strumento di ricatto nei confronti di coloro che, citati nel diario, sono scesi a patti con l’organizzazione criminale. L’agenda rossa è stata scelta come simbolo del Movimento per rappresentare la richiesta di Giustizia affinché sia fatta piena luce sulle zone ancora buie che avvolgono la dinamica della strage di via D’Amelio e sui nomi dei mandanti e degli esecutori dell’eccidio dei quali, pur essendo stata accertata l’esistenza, non è stato ancora possibile individuare il volto.

Una lotta attuale

I fatti dell’attualità mostrano prepotentemente la necessità di rafforzare la lotta alla mafia e svolgere un lavoro capillare per far sì che non si ripetano le stragi del passato. Solo lo scorso 6 maggio fu lanciato un allarme dai servizi di sicurezza stranieri in merito ad una minaccia di attentato al procuratore Gratteri: una bomba da far esplodere da remoto lungo il tragitto che va dall’abitazione del magistrato fino al suo ufficio della procura di Catanzaro.

In virtù di questa segnalazione, è stato alzato il livello della scorta di Gratteri, innanzitutto con la dotazione del “bomb jammer” tra le auto di scorta, ossia un disturbatore di frequenze utilizzato per impedire ai sistemi di comunicazione radio la ricezione o la trasmissione di segnale, poi con l’aumento delle auto blindate, il coinvolgimento degli agenti Nocs e l’assegnazione di tutela anche ai suoi familiari.

Ma le scorte, l’innalzamento dei livelli di sicurezza e la tutela dei familiari di coloro che lottano per contrastare il sistema mafioso, non possono e non devono essere la soluzione. Ogni problema deve essere risolto alla radice, altrimenti il suo proliferare non cesserà e avremo sempre più giornate della memoria da ricordare.

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