Tropea e quel gioiello della tavola: la cipolla rossa

da Giannella Channel

Certo, il mare è un incanto, le spiagge bellissime (il Sunday Times la indicò tra le venti spiagge più belle d’Europa), i fondali ideali per chi ama le esplorazioni subacquee.

Ma se dovete indicare un nome alla base della notorietà internazionale di Tropea, il nome di una perla rossa che ha portato Tropea nel mondo e il mondo a Tropea, non vi sono dubbi: la cipolla rossa di Tropea, eccellenza della gastronomia che è stata anche alla base della storia e del recente sviluppo di questa città calabrese fondata (secondo la leggenda) addirittura da Ercole, da me visitata dopo un soggiorno a Cetraro, nel raffinato hotel-balcone sul Tirreno.

Sviluppo urbano ed economico, ma anche turistico e negli ultimi anni persino farmaceutico, come scudo antiulcera, antitumorale e addirittura come afrodisiaco per via del suo contenuto di ossido nitroso, il principio attivo del Viagra. La sua storia è esemplare, specialmente in questo 2018 appena iniziato e indicato come l’Anno internazionale del cibo, per tutti quei territori che puntano su specialità enogastronomiche firmate da un marchio di qualità (come la “cipolla rossa di Tropea IGP Calabria”).

Definita nei testi di botanica con il nome scientifico Allium Cepa, la cipolla rossa appartiene con l’aglio, il porro, lo scalogno e l’asparago alla famiglia delle Liliacee. Ha 28 calorie per 100 grammi. Tra i paesi conquistati, anche gli Stati Uniti: il giornale online Italian Notebook, in occasione di una visita di una delegazione di italo-americani, di origine calabrese, ha definito la cipolla rossa di Tropea “la regina rossa della cucina”

La ricostruisco con l’aiuto di Pino Vita, storico locale, autore di un documentato volume (“La treccia rossa. Storia della cipolla di Tropea”, nella collana diretta da Luigi M. Lombardi Satriani, di grande valenza storico-antropologica, Pellegrini editore in Cosenza, 16 euro) che racconta il viaggio in questo lembo di Calabria di questa pianta che presenta un grosso bulbo formato da tuniche interne concentriche, carnose e biancastre, racchiuse in un involucro esterno di colore rosso.

Risaltano con forza e bellezza, nelle pagine del libro, le stazioni ferroviarie dei vari paesi, la piazza di Tropea dove si radunavano i vari commercianti e gli addetti alla lavorazione, le navi che trasportavano la cipolla rossa oltreoceano e i telegrammi che ne annunciavano l’arrivo, le ansie dei commercianti e la sottile pazienza dei contadini. Un mondo brulicante che esprime significati e valori ancora attuali.

Definita nei testi di botanica con il nome scientifico Allium Cepa, la cipolla rossa appartiene con l’aglio, il porro, lo scalogno e l’asparago alla famiglia delle Liliacee, di origine antichissima, perché “affonda nel buio di un passato talmente remoto che alcuni studiosi l’hanno collocata, addirittura, nel periodo neolitico”.

Diverse le ipotesi sulla provenienza del seme: da quella dei Fenici alle leggende contadine del marinaio di Parghelia, uno degli antichi 23 casali di Tropea, e della “lindinea chi avia portatu à simenza” (l’uccello notturno che aveva portato il seme, quasi certamente un pipistrello), ai versi del poeta Enotrio, ai primi contatti degli svedesi con la cipolla alla locale stazione ferroviaria.

Testimonial per il turismo

Questo è il primo punto che ci interessa perché la spinta maggiore all’aumento del consumo di cipolla rossa di Tropea sui mercati italiani ed esteri è venuta dall’avvento prima e dal forte incremento poi del turismo estivo di massa. Questa nuova mobilità ha consentito a un numero sempre crescente di viaggiatori di apprezzare la cipolla rossa direttamente nel luogo di produzione e di decantarne le qualità al di fuori dei confini calabresi, creando attraverso questa propaganda diretta le premesse per una nuova stagione di successi commerciali.

La Cipolla di Tropea è presente in tre variazioni di forma: (1) rotondo-ovale detta “a campana”; (2) a trottola, detta “a farticchio”; (3) a melanzana.

A innescare questa combinazione virtuosa fu, casualmente, un viaggiatore svedese. Sentiamo Pino Vita:

Le circostanze che portarono alla spedizione del primo vagone di cipolla rossa verso la Svezia furono casuali, ma il racconto di quei primi contatti degli svedesi con la Calabria e con la lavorazione della cipolla rossa è entrato nel patrimonio dei miei ricordi e di quelli dei miei familiari, alcuni dei quali sono stati i protagonisti diretti di questo legame tra Tropea e la Svezia“.

Per la Svezia l’avvio fu favorito, nei primi anni Trenta del Novecento, dalla fermata alla stazione di Briatico di un treno diretto in Sicilia. La sosta del treno coincise con la presenza nello scalo ferroviario di un convoglio merci su cui si stava in quel momento effettuando un carico di cipolla rossa. Durante la sosta, un viaggiatore ebbe modo di osservare sul piazzale della stazione alcune donne, con costumi di contadine, mentre riponevano sotto il sole di luglio ‘trecce’ di cipolla dal colore rosso vivo nelle ceste che alcuni uomini, a torso nudo, caricavano su un vagone merci. Il viaggiatore, diretto a Taormina, fu colpito da quella scena per lui insolita. Si trattava dello svedese Nils Strandell, di professione agente commerciale di prodotti ortofrutticoli per i Paesi scandinavi. Nella breve sosta del treno l’uomo ebbe modo di conoscere il nome dell’esportatore, di informarsi sulla cipolla rossa e di chiederne un piccolo campione. Le informazioni furono fornite da Guglielmo Grasso, cognato e principale collaboratore in quegli anni di Francesco, titolare della ditta Vita, che aveva avviato il commercio delle prime produzioni di cipolla rossa di quelle zone. Dopo qualche mese dal casuale incontro ferroviario, giunse dalla Svezia alla Vita un’offerta di acquisto, in corone svedesi, di un vagone di cipolla rossa intrecciata da inviare alla ditta Moeller & Comp. di Stoccolma. Nella stessa lettera erano contenute alcune indicazioni sul peso e la dimensione della merce, con la previsione che l’accettazione della proposta e un esito favorevole sul mercato avrebbero potuto aprire inedite prospettive di vendita per quel prodotto, oltre che in Svezia, anche in Norvegia e Danimarca. Anche in questo caso il giovane Francesco Vita dovette superare le resistenze del padre, il quale intravvedeva nell’esportazione verso l’impresa svedese gli stessi rischi connessi alla prima, difficoltosa spedizione di cipolla negli Stati Uniti. Una prudenza comprensibile, se si pensa che la quasi totalità dei tropeani dell’epoca non era arrivata mai nemmeno nella vicina Catanzaro, altro che New York e Stoccolma. Per superare tali timori e rendere più sicura la nuova impresa commerciale fu deciso che il cognato Guglielmo Grasso partisse verso Stoccolma per seguire di persona la vendita del primo vagone spedito così da verificare le concrete prospettive commerciali per quel mercato della cipolla rossa intrecciata, considerato il carattere di novità del prodotto. La contrastata decisione di inviare quel primo vagone si rivelò determinante per l’esportazione della cipolla in Svezia e negli altri Paesi scandinavi che, da quel momento assorbirono, assieme alla Germania e alla Francia, notevoli quantitativi di questo prodotto.

Dopo qualche mese da quella prima spedizione in Svezia, l’accredito in banca dell’intero importo della merce a favore della ditta Vita, oltre a far cadere lo scetticismo dell’anziano padre, suscitò anche la sua sorpresa per lo scrupolo con cui gli svedesi avevano calcolato il prezzo e la quantità della cipolla spedita anche in ragione della consistente somma incassata. In occasione di quella prima spedizione per ‘abituare’ gli svedesi al consumo crudo della cipolla rossa furono inseriti in una cesta, segnalata da un’indicazione particolare, alcuni mazzetti di origano, un’erba aromatica raccolta nella zona che per il suo forte aroma selvatico avrebbe aiutato il consumo crudo del nuovo prodotto.

Negli anni successivi l’esportazione di cipolla rossa verso la Svezia continuò a ritmo crescente e gli svedesi Nils Strandell e il titolare della ditta Moeller, oltre a stabilire rapporti cordiali con i responsabili dell’impresa Vita, scelsero ripetutamente la Calabria e Tropea come mete preferite dei loro soggiorni turistici in Italia. La piazza Vittorio Veneto, fino ad allora operosa di commercianti e agricoltori, vide aggiungersi d’estate i primi e sempre più frequenti turisti.

Alleata per la salute

Per molti anni del Novecento a Tropea era stato attivo solo un piccolissimo albergo; negli anni Sessanta questo tratto di costa marcato da torri costruite come vedette anti-saracene fu scoperto, oltre che da viaggiatori nordeuropei, anche da letterati illustri come Giuseppe Berto e da ricercatori di ritorno. Uno di questi ultimi è stato, agli inizi del terzo millennio, Pasquale Potenza, biochimico, genetista, un dottorato di ricerca in scienza dell’alimentazione, originario di Vibo Valentia (a una quarantina di chilometri da Tropea) ed emigrato a Buenos Aires in Argentina. È a lui che si deve la scoperta nella cipolla anche di sostanze afrodisiache: merito della presenza dell’ossido nitroso, che del Viagra (la pillola venduta in 86 milioni di pezzi in 18 anni, l’Italia è al secondo posto tra le nazioni consumatrici dopo la Gran Bretagna) è un principio attivo. Questa sostanza è un potente vasodilatatore in grado di favorire chi ha problemi di erezione.

Altre sorprese sono arrivate da team di laboratori di ricerca vicini e lontani. Quello dell’Università della Calabria, composto dai chimici farmaceutici Francesca Aiello e Gabriele Carullo e dall’informatico Francesco Buccieri, ha ideato una crema per curare le ulcere da diabete, a base di cipolla rossa di Tropea e acido ialuronico. E un gruppo canadese ha individuato nelle cipolle rosse un’arma nuova contro le cellule malate del tumore al colon e al seno, merito di un alto contenuto di quercetina, un tipo di flavonoide che ha potere antiossidante, e di antociani (o antocianine) che danno il colore rosso e che arricchiscono l’azione antitumorale della quercetina stessa: a evidenziare queste ulteriori qualità terapeutiche è uno studio della University of Guelph, in Canada, pubblicato sulla rivista Food Research International. “Abbiamo trovato che le cipolle sono eccezionali nell’uccidere le cellule tumorali”, ha spiegato all’agenzia ANSA uno dei ricercatori, Abdulmonem Murayyan. “Le cipolle attivano percorsi che incoraggiano le cellule tumorali a subire la morte cellulare. Promuovono un ambiente sfavorevole per le cellule tumorali e disturbano la comunicazione tra le stesse, cosa che ne inibisce la crescita”.

Gastronomia e turismo: chissà che, immettendo ulteriori competenze e risorse in questi due polmoni, non si riesca a fermare l’esodo dei giovani e a farli lavorare per dare a una terra antica e salubre un futuro all’altezza del suo valore.

Tropea – Spiaggia della Rotonda

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