di Francesca Radaelli
È il 16 febbraio 1923: l’archeologo Howard Carter si trova quattro metri sotto terra, nel profondo della Valle dei Re, in Egitto. È il giorno dell’apertura ufficiale della camera funeraria della tomba KV62, che ospita la sontuosa sepoltura del faraone della 18esima dinastia, figlio di Akhenaton, morto a soli 19 anni. Tutankhamon. I sigilli apposti tremila anni prima vengono rimossi, lo splendore di una delle poche sepolture egizie giunte intatte sino a noi si spalanca davanti agli occhi degli archeologi della spedizione guidata da Carter.
Quattro mesi prima, dopo cinque anni di scavi sulla sponda occidentale del Nilo alla ricerca delle tombe di Amenofi IV – Akhenaton e del suo successore Tutankhamon, Carter si è imbattuto nei primi gradini di un corridoio sotterraneo, ha aperto una breccia, ha intravisto qualcosa… Subito manda una lettera a Lord Carnarvon, il finanziatore degli scavi, che in quel momento si trova in Inghilterra: “Riuscite a vedere qualcosa?”, chiede Carnarvon. La risposta di Carter passerà alla storia: “Sì, cose meravigliose”.
Ciò che era stato intravisto, quel 16 febbraio fu svelato in tutta la sua regale grandiosità. La tomba era già stata violata, due volte secondo quanto ricostruito dagli archeologi, ma nessuno era mai giunto sino al faraone, la cui mummia sarà liberata dai tre sarcofagi solo due anni dopo.
Il 5 aprile 1923 muore il conte di Carnarvon, a causa della puntura di un insetto, e di una polmonite. Iniziano a prendere corpo le voci sulla misteriosa “maledizione” che colpirebbe chi venisse in contatto con la mummia del faraone (che però, a dire il vero, al momento della morte di Carnarvon non è ancora stata svelata e che non ebbe alcun effetto fulminante sul suo vero scopritore, dal momento che Howard Carter, morì in tutta tranquillità 17 anni dopo, all’età di 65 anni).
Ma chi era Tutankhamon?
Salito sul trono a 9 anni, il giovane figlio di Akhenaton si chiamava originariamente Tutankhaton, ossia “Immagine vivente di Aton”, mentre il nome con cui è passato alla storia vuol dire “Immagine vivente di Amon”. Proprio il cambiamento di nome del faraone bambino segna la fine della complessa riforma religiosa (e politica) che il padre Akhenaton ha cercato di introdurre nel Nuovo Regno.
Sulle ragioni della morte prematura del faraone gli archeologi stanno ancora indagando, secondo le indagini effettuate sul suo dna ad ucciderlo sarebbero stati la malaria e alcune fratture. Tutankhamon soffriva di osteonecrosi al secondo dito del piede sinistro, malattia che lo aveva reso zoppo. A dircelo, oltre alle analisi della mummia, sono anche i 13 bastoni rinvenuti accanto al suo sarcofago, che avrebbero dovuto aiutare il faraone a continuare a camminare anche nell’aldilà.
E mentre lo immaginiamo percorrere finalmente in pace le vie dell’aldilà, avanzando appoggiato al suo bastone, lontano anni luce dai complotti e dai conflitti che percorsero il suo passaggio in terra, in un aldiqua in cui il suo Egitto continua a essere lacerato da conflitti politici e religiosi probabilmente non troppo diversi, le indagini sulla breve vita forse non troppo felice del giovane faraone zoppo non si fermano.
Recentemente è stato ricostruito in digitale quello che doveva essere il suo volto, mentre solo qualche mese fa analisi all’infrarosso del sepolcro del re hanno aperto nuovi scenari: sembrerebbe che nei pressi della stanza di Tutankhamon sia stata rilevata la presenza di una, o forse due camere nascoste, intonacate e dipinte. In una di queste potrebbero trovarsi i resti di nientemeno che Nefertiti, la famosissima matrigna di Tutankhamon.