di Claudia Terragni
Dicono che il mondo cambi sempre più velocemente. Che stare al passo coi tempi sia quasi impossibile. Scoperte su scoperte, tecnologie sempre più all’avanguardia, non si fa in tempo a imparare a usare l’ultimo modello dell’i-phone che già esce quello successivo. In realtà forse in ogni momento storico si ha questa impressione. Il salto generazionale non è mica una cavolata! Anche un secolo fa Verga scriveva della “fiumana del progresso”, l’incontrollabile ondata di cambiamento che sovrasta i protagonisti del incompiuto Ciclo dei Vinti. Le impetuose novità dell’Italia Post-unitaria devastano la famiglia dei Malavoglia. Loro ci provano a restare radicati saldamente alla propria terra natia, nel piccolo paese di Aci Trezza , ma per quanto l’ostrica tenti di rimanere attaccata al proprio scoglio sicuro, nessuno potrà spostare lo scoglio dal mare. Come fare a non affogare tra i flutti? A non farsi inglobare dalle dinamiche del mondo?
Secondo Nello la risposta è non stare fermi. Tuffarsi, migrare.
Nello è un ragazzo di 22 anni con una storia tutta sua. Me la racconta pochi giorni prima di lasciare Monza per trasferirsi a Berlino, per proseguire nella scoppiettante capitale europea i suoi studi di architettura.
È nato in un paesino proprio come Aci Trezza, a Locorotondo, in Puglia. La sua era una famiglia di contadini, gente semplice, gente cresciuta nella campagna. La terra rude del sudore sulla schiena e del lavoro duro. La terra arcaica delle conquiste e degli imprevisti, del sole accecante e del vento che riecheggia del sapore del mare poco lontano. Nello ha passato in Puglia la sua infanzia, con questa madre natura, con i nonni e pochi amici fedeli. Ma come nei Malavoglia, il progresso irrompe inarrestabile. L’ostrica viene staccata dallo scoglio. Giusto in tempo per iniziare il secondo anno di scuola elementare, Nello con i genitori e la prima di tre sorelle si trasferisce a Monza.
Abbandonato il tempo dei sogni. Non senti più le amiche colline sussurrare favole agli ascoltatori più attenti, non assapori più il gusto dei taralli di nonna, non sei più cullato dal dolce canto delle cicale, bambino mio. Ora sei grande. Basta piangere, devi imparare a sopravvivere. E nel confronto con la fredda realtà nuda e cruda, una parte del mondo interno è sacrificata. Un po’ di ideali vengono rinchiusi in un cassetto, un po’ di desideri gettati fuori dal finestrino di una macchina crudele che ti strappa lontano da casa tua. La promessa di tornare in Puglia una volta al mese non viene rispettata, e Nello se la deve vedere contro il mare intero.
Mi racconta divertito del suo primo giorno di scuola a Vedano al Lambro: gli amici si ricordano di un bambinetto che non parla quasi una parola di italiano, con una maglietta da marinaretto infilata in pantaloni ascellari che lasciano scoperto il calzino bianco. Con i sandali. Non proprio il massimo in un universo di Nike e Superga! Ma è tempo di mettere da parte l’orgoglio per le proprie origini e integrarsi. Che soddisfazione la figurina di Inzaghi vinta alla gara di verbi italiani!
Parlare con Nello è sorprendente. È straordinaria la consapevolezza che ha della sua storia, la descrive dall’inizio alla fine per tre ore ininterrotte, assolutamente cosciente delle esperienze che ha vissuto. Non c’è una nota di rimpianto nella sua voce: sa che tutto quello che ha passato ha contribuito a renderlo quello che è oggi. Non mi parla della sua partenza con dolore. Ricorda il dolore che ha provato, sì, ma non lo prova più. È una sofferenza passata, elaborata. Utile, forse sana, perché ne ha tratto l’insegnamento che lo ha fatto evolvere, che non lo ha lasciato annegare. È riuscito a mettere le radici al nord, con fatica, a farsi accettare, con impegno, a sentirsi parte di un nuovo gruppo.
“Mi piace vedermi come un innesto: stacco dei rami e li trapianto in una terra diversa per avere piante sempre nuove, intrecciate in forme originali. Ma so che le radici restano in Puglia, il mio cuore è lì”. Un suo amico lo descrive come un “pugliese atipico”: solare, allegro, divertente come ci si immagina ogni meridionale degno di questo nome, ma anche introverso, silenzioso, riflessivo: l’incrocio maturato da arbusti e terriccio diversi.
Nello da piccolo voleva fare l’esploratore. Alzare le ancore, prendere il largo e navigare per tutti i sette mari. Scoprire isole segrete, tesori nascosti. Come Ulisse: assetato di incontri, scoperte, avventure! “Per seguir virtute e canoscenza”, tra sirene ammaliatrici, spaventosi ciclopi, impetuose tempeste e divinità avverse. Così sta vivendo. Senza fermarsi, senza farsi inghiottire dal vortice di cambiamenti che continuamente investe la sua barca. Con timone saldo cavalca le maree, da un oceano al successivo, inaccontentabile.
Ora il vento soffia verso nord, verso Berlino. In un’ascesa geografica e maturativa verso la stella polare. Un ribollire di culture, di volti, di quartieri differenti. La grande metropoli contemporanea, rinata dalle proprie ceneri. La testimonianza che ci si rialza, che i muri si abbattono ma che l’integrazione non è uno scherzo, che il rigore sovietico lascia il segno e la guerra continua a bruciare. Ricostruita su misura dell’uomo moderno. A Berlino si respira. C’è aria. Spazio alle risate, ai tintinnanti aliti di venti stranieri che si mescolano in un uragano di promesse. Berlino è dove la perla dell’ostrica può brillare, dove un Pugliese atipico può dimostrare quanto vale. Accolta la fibra originaria, lo spirito creativo del bambino di campagna che è stato soffocato. È tempo di riaprire il cassetto che hai dovuto chiudere, piccolo mio. È ora di donare nuova vita a ciò che consideravi morto.
Proprio questo è il significato della tesi con cui Nello si è da poco laureato al Politecnico di Milano. Credere in ciò che è stato scartato, che non sembra poter dare frutti, come uno sfigatello spaesato vestito da marinaretto. Utilizzare i materiali di rifiuto per costruire. I rifiuti, inopportuni alla scintillante architettura simbolo del potere, del denaro, sono i reietti, gli esclusi. Investire su ciò che non vale nulla, riscoprire le sconfinate potenzialità di un’umile bottiglietta di plastica gettata nel cestino.
Costantino Kavafis scrive:
“Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
[…] Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?”
Nello sa che il viaggio non avrebbe senso senza una meta. L’innesto non germoglierebbe senza radici sane. Il principio è anche la fine. Il punto di partenza è anche l’obbiettivo. Itaca. La Puglia è dove Nello è partito e dove vuole tornare. Alla fine, vecchio, soddisfatto, sazio di esperienze.
Chissà, magari anche la perla dell’ostrica di ‘Ntoni avrà trovato un posto dove brillare, dopo l’ultima pagina dei Malavoglia.