di Daniela Annaro –
Che ci fanno alla Villa Reale Wladimir Luxuria con l’ex deputato Ds Pietro Folena, Beppe Carletti dei Nomadi, Marco Rettani – scrittore, paroliere, collezionista – con il sindaco di Monza, Dario Allievi, e lo storico dell’arte, nonché esperto di marketing culturale Maurizio Vanni?
Un mix eterogeneo che farebbe inquietare molti “accademici”, molto pop, per così dire, degno del padre della Pop Art made in USA, cioè Andy Warhol.
Andy Warhol ha diviso la storia dell’arte moderna prima di lui e dopo di lui – spiega Vanni – era un artista che non si accontentava di ciò che veniva definita realtà, cercava una costante trasmutazione della materia nei suoi passaggi dalla fotografia iniziale alla seta (attraverso il processo serigrafico) verso un’ulteriore immagine sulla tela o su carta, così simili, ma al tempo stesso, così difforme dalla precedente. Nelle serie dell’artista americano, la realtà veniva trasformata, fatta rinascere e virare verso qualcosa in cui tutti potevano riconoscersi: l’oggetto quotidiano che alludeva a qualcos’altro rispetto alla sua funzione consueta pur rimanendo integro e riconoscibile.
Una realtà chiassosamente aumentata, un po’ come i protagonisti della presentazione che, a vario titolo, danno corpo alla mostra della Reggia di Monza. Warhol non è stato soltanto l’interprete del consumismo americano – con le sue Coca Cola, Brillo e Zuppe Campbell – ma anche sceneggiatore, regista, attore, direttore della fotografia, produttore cinematografico e musicale, protagonista della battaglia per la liberazione sessuale.
Ecco spiegata la presenza di Vladimir Luxuria, primo transgender a essere eletto al Parlamento italiano, rappresentante delle battaglie per i diritti civili di transgender e omosessuali. Luxuria ha conosciuto Warhol e soprattutto ha partecipato come doppiatore a un film prodotto da Andy nel 1971 Women In Revolt, proiettato in mostra. Warhol é stato uno dei principali artefici della liberazione dei costumi. In mostra ci sono le testimonianza di quell’impegno attraverso la serie Ladies and Gentleman del 1975, ritratti di drag queen afroamericane.
Come sono presenti le cover, le copertine dei dischi, di artisti quali The Rolling Stones, John Lennon, Aretha Flanklin, Miguel Bosè, Loredana Bertè. Warhol amava la musica in tutte le sue espressioni come sanno Beppe Carletti e Marco Rettani, collezionisti di cover e di lavori dell’artista statunitense, nonché prestatori di opere in mostra. Pietro Folena, ai tempi di Warhol era una giovane della FGCI, la Federazione Giovanile del PCI, interprete in qualche misura delle tensioni sociali, politiche e culturali che agitavano il pianeta. Da adulto, dopo aver fatto politica, ora è presidente di MetaMorfosi, associazione culturale che ha accolto il progetto di Maurizio Vanni insieme a Spirali d’Idee.
L’alchimista degli anni Sessanta é il sottotitolo della rassegna monzese proprio per dar corpo a questa varietà di interessi che aveva Andy Warhol, proprio per esprimere la forza con cui cercò di trasformare la realtà che lo circondava. Come un alchimista. E, un po’, ci è riuscito.