di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli
Cappello Prince: di colore viola con nastro arancione, foderato in cupro movimentato con marocchino giallo e adornato da un fiocco viola e arancione. Questo è solo uno dei tanti cappelli prodotti dal cappellificio Vimercati di Monza in 65 anni di produzione.
E’ infatti nel lontano 1953, quando Monza era all’avanguardia nella produzione di cappelli da esportarli in tutto il mondo, che i fratelli Gabriele e Giulio fondano questa attività.
I figli di Gabriele, Giuseppe, Giorgio e Marco da bambini trascorrono le loro giornate nel cappellificio giocando, correndo tra le stanze, nascondendosi dietro le pile di cappelli disposte sui tavoli. Ma è anche un’occasione per osservare ogni movimento e, all’occorrenza, aiutare gli adulti in piccole mansioni.
Nell’azienda si respira un’aria felice, piena di passione per il proprio lavoro. Non si contano le ore necessarie per produrre un cappello, non ci sono forzature per cercare di ridurre i tempi della lavorazione, perché il tempo a disposizione per creare ogni cappello è semplicemente quello necessario per avere un lavoro di qualità.
Oggi è la terza generazione, quella di Roberto, Fabrizio ed Elisa, con l’aiuto di 2 dipendenti esterni, a portare avanti l’azienda. Continuano a produrre cappelli seguendo il metodo tradizionale, con la stessa cura ed attenzione di una volta, ma seguendo le moderne esigenze sull’uso del cappello stesso dettato dalla moda.
Accanto ad una linea classica ne propongono, infatti, un’altra in cui l’eleganza delle forme classiche si sposa con applicazioni più moderne. Il cappello è divenuto un accessorio che consente a chi lo indossa di esprimere la propria personalità distinguendosi come individuo.
Hanno creato un nuovo marchio: VimercatiHats 1953 che dà continuità all’azienda famigliare con un alto standard di qualità e dove “l’handmade in Monza” viene portato nel mondo. Il cappello rosso di Ascari, fatto in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla nascita del grande pilota, ne è un esempio.
La lavorazione di un cappello necessita di diverse operazioni. Sono circa dieci fasi, che vengono svolte in ambienti diversi e la cui durata varia dai 15 ai 21 giorni per permettere al feltro di riposare.
Tutto parte dalla cappellina in feltro che viene sottoposta all’apprettatura, processo che serve ad indurire il feltro in modo differente per ogni tipo di cappello.
Si passa poi al battiala che allarga la parte inferiore del cono e all’informatura, fatta a caldo con l’utilizzo del vapore per dare la forma della testa. L’utilizzo del vapore per modellare il feltro è ancora l’unico sistema possibile per perseguire la qualità.
La strangolatura viene fatta con una cordicina che “strangola” l’ala al plateau di legno.
Nella fase successiva, il cappello passa ad asciugare nell’essiccatoio per un’intera giornata.
Anche la cantina ha un ruolo determinante nelle fasi di lavorazione perché, tra un passaggio e l’altro, il cappello ha bisogno di riposare durante la notte e di riprendere l’umidità persa. Questo perchè, durante la fase della pressatura, il manufatto deve essere umido.
Per rendere liscia la superficie grezza e pelosa del cono, si usa la rasatura dando così un effetto velour o corto.
Per modellare meglio l’ala è ora il momento di trasferire il cappello nel locale della cerchiatura. Qui, camini pieni di vapore inumidiscono il feltro che viene infilato in appositi stampi e schiacciato da enormi sacchi pieni di sabbia calda.
L’ala viene poi rifilata nella larghezza desiderata togliendo l’eccesso, che a volte viene recuperato.
Il cappello passa anche nella plottatrice, che si utilizza per lucidare il pelo così da togliere eventuali residui di polvere.
Tutte queste lavorazioni vengono fatte dalla manodopera maschile dell’azienda, una manodopera altamente specializzata e padrona del mestiere. Le donne, invece, si occupano della parte più “leggera” e delle rifiniture, ugualmente importanti per la realizzazione finale del manufatto.
E’ compito delle donne preparare lo strech, il gross e il marocchino. Quest’ultimo è una striscia di cuoio che viene stampato in oro e colore col marchio del fabbricante e viene cucito all’interno alla base della testa.
Anche le fodere sono tagliate e cucite a mano per i differenti modelli. I macchinari utilizzati in questo reparto, dalla macchina da cucire alla stampatrice e alla taglierina, sono gli stessi usati dai fondatori dell’azienda e continuano imperterriti a fare il loro lavoro.
La “farfalla”, che abbellisce alcuni tipi di cappelli, è preparata rigorosamente a mano, con le code che possono essere a due o a tre e anche il “passetto” può essere piegato due o tre volte.
Anche la manodopera femminile è altamente specializzata e molto precisa.
La riuscita di un ottimo cappello è un lavoro di squadra, tramandato di generazione in generazione.
Un mestiere che rappresenta un’arte del saper fare, dove ogni singola persona esegue il proprio lavoro con passione e meticolosità, portando avanti l’eccellenza del made in Italy.