Un malato di SLA sul palco di Sanremo

 

di Luigi Picheca

Ho seguito il Festival di Sanremo come ogni anno e mi ha sorpreso vedere comparire sul palco uno di noi, un malato di Sla che racconta la sua patologia in poche ma molto incisive parole.

Paolo Palumbo si è ammalato di Sla molto presto e nonostante questo ha dimostrato di amare la vita con intensità e devozione, come solo chi si è trovato a un passo dalla morte sa fare.
Paolo ha vestito i panni da condottiero per la nostra “Brigata” in una serata tra le più seguite in tv . Parlo della Brigata dei malati di Sla che vivono nel nostro Paese, un Paese che, per fortuna, non ci abbandona al nostro destino ma che, in questi anni, ha tagliato una  fetta consistente delle risorse destinate al nostro benessere.

Il benessere di cui hanno bisogno tutti coloro che, come noi,  si trovano a lottare quotidianamente con il generoso ma spesso insufficiente supporto delle famiglie e la loro fatica profusa con dignità commovente nel silenzio che la Sla impone.  Un silenzio che fa rumore quando ci si  trova davanti a uno di noi.

Il Festival di Sanremo si è appena concluso e non so dire in quanti si ricorderanno di Paolo e di noi malati di Sla, perché certe commoventi emozioni vissute davanti agli schermi della tv svaniscono troppo velocemente in una società che non è più capace di fermarsi a riflettere sui valori della vita e che guarda con sospetto chi cade in disgrazia.

Sono comunque felice che Amadeus, la dirigenza della Rai e la direzione del Festival abbiano dato spazio e visibilità ai problemi sociali che stanno emergendo con preoccupante frequenza allo scoperto, denunciando così un malessere diffuso che sta dietro le apparenze.

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