di Francesca Radaelli
L’anno di Procida capitale italiana della cultura offre su un piatto d’argento l’occasione di leggere, o rileggere, il bel romanzo di Elsa Morante L’isola di Arturo. Vincitore del Premio Strega nel 1957, oggi considerato un classico, L’isola di Arturo è interamente ambientato sulla piccola isola dell’arcipelago campano.
Certo è una Procida diversa dall’immagine proposta sulle cartoline quella in cui Arturo, protagonista e narratore, è nato e ha trascorso la propria infanzia. Siamo negli anni Trenta del Novecento, ma soprattutto in un universo solitario e interamente maschile, quello della Casa dei Guaglioni, dove Arturo abita con il padre Whilelm (la madre è morta dandolo alla luce), spesso assente per lunghi viaggi.
I primi turbamenti dell’adolescenza esplodono in questo stesso scenario insulare, a partire dall’ingresso nella Casa dei Guaglioni della prima vera figura femminile della vita di Arturo: Nunziata, giovanissima nuova sposa del padre. Prima gelosia, poi attrazione: Nunziata suscita nel ragazzo emozioni contraddittorie, che Arturo alimenta nelle sue peregrinazioni solitarie attraverso i luoghi dell’isola. Si trasforma anche il sentimento verso il padre che, da eroe indiscusso che era durante l’infanzia di Arturo, si rivela sempre più agli occhi del figlio come una persona debole, dominato e completamente asservito alla passione omosessuale per un altro uomo.
La vicenda è ambientata in un preciso periodo storico – e la seconda guerra mondiale farà irruzione nel finale del romanzo – ma la storia di Arturo appare una storia fuori dal tempo. Il tempo che scorre sull’isola segue il ritmo delle stagioni più che quello della Storia. E’ un tempo che ha il sapore del mito.
Perchè Arturo è una stella luminosa del cielo, e un antico re comandante di eroi, come lo stesso protagonista sottolinea all’inizio della narrazione. Ma anche perché la sua storia è la storia universale di quegli anni misteriosi in cui si esce dall’infanzia. Quegli anni in cui si viene inspiegabilmente invasi da sofferenze, delusioni e disillusioni, in cui ci si sente percorsi da passioni potenti e indefinite.
Un romanzo di formazione che si dipana nello spazio ristretto dell’isola, narrato con lo stile ricco, a volte enfatico, sicuramente inconfondibile di Elsa Morante. Soprattutto, in questo caso, capace di evocare in modo molto efficace i grandi slanci e le rovinose cadute delle passioni della prima adolescenza.
Un libro da mettere in valigia per una vacanza a Procida. Un’isola su cui quest’anno sono particolarmente puntati i riflettori, ma che per sempre resterà il magico scenario del ‘mito’ del giovane eroe Arturo.