di Fabrizio Annaro
Mi ha colpito una lettura tratta dal libro dei Numeri dell’antico Testamento. E’ una lettura che rispecchia, per alcuni versi, lo stato d’animo del nostro tempo. In sostanza questo brano è un invito a lottare contro la sfiducia e a nutrire speranza nel futuro. In sintesi: dopo che gli israeliti ebbero esplorato la terra di Canaan, ricca di frutti rigogliosi e prelibati, si convinsero che quella fosse la terra ove scorre latte e miele, la terra promessa dal Signore al popolo ebraico. Il problema erano i cananei che abitavano quella terra perché alti di statura, forti guerrieri e discendenti dalla razza dei giganti. Gli stessi israeliti ebbero paura di sfidarli e la battaglia sembrava già persa. Allora Il Signore si rivolse a Mosè dicendogli: “Fino a quando questo popolo mi oltraggerà? Fino a quando non mi crederanno dopo i prodigi che ho fatto in mezzo a loro?”
Non voglio entrare in dibattiti esegetici. Non ne ho le competenze e non ne sono capace. Vorrei, però, mettere in evidenza che il vero nemico di chi si reputa persona di buona volontà, di chi ha fede e di chi ha deciso di vivere per il bene, è la sfiducia, la paura, la rassegnazione.
Viviamo convinti di essere già entrati nel sonno della ragione, un sonno terribile ed inquietante perché generatore di quei mostri che la storia ha conosciuto. Ci sentiamo impotenti nell’assistere al dilagare della menzogna, della violenza verbale, della rabbia fine a se stessa, dell’egoismo, dell’individualismo, del razzismo, dell’intolleranza. Siamo stupiti nel vedere che la solidarietà viene messa sotto accusa, che i politici aumentano i loro consensi quando tuonano contro gli immigrati, capro espiatorio dei mali e dei disagi sociali. Siamo di fronte ad continuo tentativo di ribaltare i valori e di confondere il bene con il male e viceversa. Siamo indignati di fronte alla barbarie che ha trasformato in reato prestare soccorso al naufrago.
E’ vero: il vento che spira in tutta Europa, e in particolare nella nostra nazione, appare come un tornado, fa paura, come i giganti cananei che impediscono l’ingresso alla terra promessa. Un vento che seduce le coscienze le quali aderiscono più per istinto che per consapevolezza a idee rozze ed anti umanitarie.
Molti si chiedono: dove abbiamo sbagliato?
Io credo sia giunto il momento di fare quadrato, di essere uniti, di non gettare la spugna, di ritrovare fiducia e lavorare affinché le cose volgano al meglio. Serve reagire. Ma come?
Anzitutto vincendo la sfiducia. La poca fede è uno dei peccati più grandi nella visione cristiana. Inoltre è necessario accettare la croce che collettivamente stiamo vivendo e che, paradossalmente, è grande occasione di ripensamento e di ricerca, un motore che attiva nuove idee. Da questo dobbiamo ripartire.
Il Dialogo di Monza nasce per proporre buone notizie, novità positive. Ecco ne vedo una all’orizzonte ancora avvolta nella nebbia. E’ fragile, ancora debole, ma qualcosa si muove.
Irrompo nella politica. Ma è giunto il momento di esprimere le proprie opinioni senza ambiguità.
Chi ricopre incarichi di governo, piaccia o no, svolge un ruolo e una funzione pedagogica, oserei dire “paterna” la quale può volgere a manipolare le coscienze oppure, come i nostri Padri fondatori, i padri costituenti avrebbero desiderato, è in grado di costruire il bene comune, rafforzare la fiducia, diffondere l’amore per la propria comunità, aderire ai valori di pacifica convivenza, promuovere la prosperità, il lavoro e la salute. Dobbiamo sforzarci di ritrovare l’origine culturale che ha fatto grande l’Italia.
Questo compito oggi, mi sembra, e spero di non sbagliarmi, sia affidato non solo agli intellettuali, non solo alla cultura, ma anche a due comunità politiche: il Pd e il Movimento 5 Stelle. Sono due mondi che possono e debbono incontrarsi, dialogare senza sconti e con spirito di verità. L’energia che può sospingere questo cambiamento è nei giovani. Il tema che può unire è l’ambiente e la lotta ai nefasti effetti dei cambiamenti climatici. Serve un confronto approfondito, vero e leale.
Da questo confronto potrà nascere una nuova coalizione, un nuovo progetto e una nuova speranza. La politica non è capriccio, non è idealismo, la politica è l’arte del possibile, è compromesso. Sono convinto che Aldo Moro ed Enrico Berlinguer non avrebbero esitato ad aprire un dialogo, un confronto non solo con i propri alleati, ma anche con gli avversari. Questo per il bene del paese.
Un confronto, badate bene, che non si limiti ai gruppi dirigenti, ma che coinvolga i cittadini e gli aderenti alle comunità politiche che ho citato. Sono convinto che questa sia la strada maestra per uscire dal tunnel e contrastare i rigurgiti xenofobi.
Il voto del 4 marzo del 2018 ha eletto un numero di parlamentari in grado di dar vita ad una nuova maggioranza. All’orizzonte si intravedono segnali di dialogo. Se son rose fioriranno.