Una serata ‘fuori dal Comune’

di Francesca Radaelli – Fotografie di Giovanna Monguzzi

“Persone fuori dal Comune”. Probabilmente ce ne erano diverse lo scorso mercoledì 4 maggio al Teatro Triante di Monza, tra gli oltre 150 partecipanti alla serata organizzata da Il Dialogo di Monza insieme alla Libreria il Libraccio. In gran parte funzionari amministrativi e persone che con le amministrazioni comunali ci lavorano tutti i giorni.

“Persone fuori dal Comune” è il titolo del libro scritto da Michele Bertola, attualmente direttore generale del comune di Bergamo, dopo una lunga esperienza nella Pubblica Amministrazione, e monzese di nascita. Un romanzo, o meglio un insieme di storie assai verosimili, e in gran parte probabilmente vere, su quelli che qualcuno definirebbe ‘eroi della Pubblica Amministrazione’, ma che forse sono semplicemente persone che continuano a cercare la ‘sostanza’ oltre la ‘forma’. Senza rinunciare all’idea che cambiare sia possibile, anche nelle amministrazioni pubbliche, malgrado regolamenti, normative e impedimenti burocratici. Insomma “donne e uomini che hanno provato a cambiare la Pubblica Amministrazione, e qualche volta ci sono riusciti”, come recita il sottotitolo del volume di Bertola.

Da sinistra: Fabrizio Annaro, Giorgio Gori, Michele Bertola, Roberto Mauri

La Pubblica Amministrazione uccide le idee? 

A parlarne, insieme all’autore del libro, c’erano Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, e Roberto Mauri, presidente della cooperativa La Meridiana di Monza. Sotto la guida di Fabrizio Annaro, direttore del Dialogo di Monza e moderatore della serata, si sono confrontati sul tema del lavoro negli enti pubblici e sul ruolo che essi dovrebbero avere.

Spesso nell’immaginario comune l’idea di Pubblica Amministrazione è associata all’idea di un apparato burocratico lento e inutile che uccide il merito e le idee più innovative. Quasi altrettanto spesso, le persone che vi lavorano sono dipinte come ‘fannulloni’ con il posto fisso, che spesso si accontentano di timbrare un cartellino. Il libro di Bertola dimostra che non sempre è così. E che può non essere così. La possibilità di innovare c’è e, almeno qualche volta, anche l’innovazione vera e propria.

Il pubblico presente alla serata: il teatro era quasi pieno.

La buona notizia è questa, come sottolinea in apertura Fabrizio Annaro, che attraverso Il Dialogo di Monza persegue proprio questo obiettivo: dare spazio alle notizie che danno speranza. “Lavorare nell’ente pubblico dovrebbe significare lavorare per il bene comune”, dice Annaro. “E’ ciò che cercano di fare i protagonisti di questo libro”.

Perché “Persone fuori dal Comune”

Nel libro un dirigente ministeriale, giunto alla soglia della pensione, racconta alla nuova (giovane) arrivata il senso del proprio lavoro. Invece che soffermarsi su dettagli tecnici e normativi, narra delle persone che ha incontrato da ispettore dei Comuni.

“Uno degli obiettivi del libro è provare a spiegare ai giovani che il lavoro nella pubblica amministrazione può essere attrattivo”, dice Michele Bertola. “Anche se spesso sembra che sia meglio fare poco, rimanere entro i limiti delle norme e dei regolamenti. Anche se tutte le norme puntano a punire chi tenta di fare qualcosa di nuovo”. Eppure cambiare le cose, o almeno provarci, è possibile. “L’obiettivo dei dirigenti non deve essere quello di avere l’idea decisiva per cambiare le cose, ma di creare le condizioni perché chi ha un’idea possa tirarla fuori”.

E, questa volta, Bertola il messaggio ha deciso di lanciarlo non con un manuale teorico, ma attraverso un racconto più ‘leggero’. Il racconto delle storie di persone che a cambiare le cose ci provano davvero, nella finzione narrativa, ma non solo. Sebastiano, Silvia, Rossana: dietro i nomi di fantasia dei protagonisti si nascondono spesso persone reali. E storie ispirate alla realtà, di cui nel corso della serata vengono letti alcuni brani.

Andrea Boda legge un brano del libro

“E’ un libro che mi ha spinto a ripensare alla storia dei miei rapporti con la P.A., agli episodi positivi e a quelli negativi”, ha commentato Roberto Mauri. “Credo che dovrebbero leggerlo tutti i dirigenti e funzionari, specialmente quelli appena entrati in servizio. Penso che uno dei problemi più importanti in tutte le organizzazioni sia ridurre la distanza tra chi dirige e chi è operativo. Solo diventando più orizzontali le organizzazioni possono davvero valorizzare gli individui”. Come spiega Mauri, la lunga storia della Cooperativa La Meridiana e il radicamento sul territorio a Monza le garantisce un rapporto privilegiato con le amministrazioni, ma per tante piccole realtà del Terzo Settore spesso il rapporto con le amministrazioni è una corsa a ostacoli.

Bergamo e la pandemia: un problema ‘fuori dal Comune’

Tra le storie raccontate nel libro trova posto anche il riferimento alla pandemia Covid, da cui il comune di Bergamo è stato uno dei più colpiti nel 2020: è divenuta emblematica l’immagine della colonna di mezzi militari con a bordo le bare dei defunti.

“In quella situazione ci siamo trovati di fronte a problemi insolubili, abbiamo dovuto fare scelte non semplici, come quella di chiudere i cimiteri all’accesso dei cittadini”, ricorda Bertola. “In poche settimane il numero dei morti era diventato 10 volte quello normale. Mancava il posto dove custodire le bare in attesa della cremazione. Abbiamo scelto di rispettare la volontà dei famigliari e non imporre la sepoltura. In questa situazione di emergenza siamo riusciti a mettere a frutto le relazioni che nel tempo avevamo costruito con altri comuni d’Italia (che hanno accolto i nostri defunti per la cremazione) ma anche con prefettura, carabinieri ed esercito. Inoltre, nella situazione di emergenza che abbiamo vissuto è emersa la capacità delle persone di prendere decisioni in tempi veloci, di avere idee creative e risolutive. La sfida è far sì che queste capacità e questi contributi possano emergere sempre, non solo nell’emergenza”.

Michele Bertola (a sinistra) e Roberto Mauri

Una lezione dalla pandemia?

“Difficile dire quale lezione abbiamo imparato dalla pandemia”, interviene il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. “Personalmente ho sperimentato quanto sia piccola la dimensione del mio ruolo rispetto a qualcosa di così grande, come la vita e la morte delle persone. Ho imparato che il sindaco non è solo un ‘problem solver’, chiamato a gestire le situazioni nel modo migliore possibile, ma ha a che fare anche con una dimensione emotiva ed empatica nei confronti dei cittadini. Inoltre abbiamo capito l’importanza della medicina territoriale, una lezione valida non solo nei casi delle emergenze ma anche per curare le cronicità”.

Giorgio Gori (a destra) con Fabrizio Annaro

Se durante la pandemia si diceva che ne saremmo usciti migliori, ora non ne siamo più tanto sicuri. “Nelle prime settimane di pandemia a Bergamo è emersa una grande coesione, fondata su valori veri e sulla convinzione che davanti al virus fossimo tutti uguali, che potesse capitare a tutti. E abbiamo visto tante persone scendere in pista come volontari, per la città”, ricorda Gori. “Poi invece quando l’emergenza sanitaria è diventata economica e sociale non eravamo più tutti uguali: ci sono state proteste anche aggressive di esercenti e commercianti, i più colpiti da lockdown e chiusure. E poi una fase di ripartenza di nuovo positiva: i dati economici dell’autunno dello scorso anno mostrano la reazione positiva, la ripartenza dell’iniziativa e dell’economia. Oggi mi piace raccontarmi non tanto come il sindaco di una delle città più colpite dalla pandemia, ma di una città che ha saputo reagire”.

Diverso è stato il racconto del Covid nelle RSA. “Il settore delle RSA è stato uno dei settori maggiormente sotto attacco mediatico e politico nella pandemia”, spiega Roberto Mauri. “Sui media siamo stati accusati di essere coloro che uccidevano le persone di nascosto dalle famiglie. Di conseguenza si è incrinato il rapporto di fiducia con i familiari. Anche nelle residenze per anziani, come negli ospedali, il personale era in prima linea: abbiamo fatto del nostro meglio ma la cosa peggiore è stata il modo in cui questo è stato raccontato da giornali e televisioni”.

Roberto Mauri (a destra) e Michele Bertola.

L’importanza del bicchiere mezzo pieno

“Con Michele condivido l’amore per la sostanza, l’obiettivo di arrivare al risultato, la consapevolezza di quanto le persone siano importanti in questo”, spiega il sindaco Gori. “Ci differenziano le sensibilità diverse, ma il confronto tra noi è sempre produttivo. Sicuramente per me è stato molto difficile, da ex imprenditore del settore privato, abituarmi all’insieme di norme burocratiche e regolamenti che caratterizzano (e a volte ostacolano) il lavoro nel settore pubblico. Nel libro si racconta il bicchiere mezzo pieno, ma nella Pubblica Amministrazione l’innovazione è davvero un’impresa. Non tutti hanno voglia di cambiare e chi vuole farlo deve essere disposto a scontrarsi costantemente con regolamenti e normative”.

Un momento dell’incontro

Se si sta dentro questo sistema, è necessario vedere il bicchiere mezzo pieno e provare a dargli spazio”, conclude Bertola. “Come dimostra la nostra esperienza in pandemia, è importante costruire prima le condizioni non solo per reagire alle emergenze ma anche per costruire l’innovazione. Il mio sogno è un sistema in cui tutti coloro che vogliono innovare, nell’imprenditoria, nel terzo settore, nelle amministrazioni, lavorino insieme”.

Gli interventi del pubblico dimostrano che la voglia di cambiare è forte. Al termine dell’incontro si fermano in tanti a comprare il libro di Bertola (il ricavato è devoluto interamente al CESVI di Bergamo). Anche questa è una buona notizia, in una serata ‘fuori dal Comune’.

All’incontro era presente anche una rappresentanza dell’Ente Nazionale Sordomuti (ENS)
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