Una storia che fa bene al cuore

Intervista a Donatella Di Paolo a cura di Francesco Troiano

Non puoi certamente aggiungere giorni alla tua vita, ma puoi sicuramente aggiungere vita ai tuoi giorni”

Questo è l’incipit del racconto di Donatella Di Paolo, giornalista ed ex redattrice del TG4, straordinaria donna del nostro tempo e del nostro Paese che, dopo trent’anni di giornalismo e conduzione del telegiornale di rete 4, nel 2017, in un momento di profonda crisi nei confronti del suo lavoro, ma soprattutto, appresa la notizia di una diagnosi di tumore al seno, decide di imprimere una sterzata alla sua vita.

L’abbiamo incontrata per farci raccontare la sua storia.

“Capivo che lavorare in una redazione a cui avevo dato l’anima per trent’anni, non era più quello che volevo, e che la redazione era diventata un luogo ostile. Dopo l’ennesimo scontro con il mio Direttore di allora, mi reco direttamente all’ufficio del personale comunicando le mie dimissioni irrevocabili. Decisi di riprendere in mano la mia vita, e la prima cosa che ho fatto è stata quella di partire come volontaria per Haiti”.

Da cosa nasce l’idea di Haiti?

“Avevo conosciuto la realtà di Haiti dai tempi del terremoto del 2010 (settimo grado della scala Mercalli, 230.000 vittime e quasi un milione di sfollati che ancora oggi emarginati nelle bidonville) e conoscevo la Fondazione Francesca Rava (aiuto all’infanzia in condizione di disagio in Italia e nel mondo tramite le adozioni a distanza e il volontariato, operante soprattutto in America Latina): incontrare la presidente Maria Vittoria Rava è stata un’illuminazione. Mi propongo di andare come volontaria e soprattutto di interessarmi a un progetto che, naturalmente, mi stava molto a cuore: ossia la prevenzione e cura del tumore al seno in Haiti. Mi era giunta voce che non esisteva assolutamente nulla per questa malattia, seconda causa di morte. Grazie a un gruppo di donne sensibili che fanno capo alla Fondazione è nato il gruppo “Women For Haiti”. La loro generosità ha consentito di costituire un centro in Haiti, l’Ospedale Saint Luc, con medici appositamente formati e con Health Promoters che diffondono la cultura della prevenzione attraverso l’autopalpazione in ogni realtà sociale dell’isola, grazie anche a un volantino creato appositamente in creolo.

Mi sono poi immersa nella realtà relativa all’infanzia (ogni ora, 2 bambini sotto i 5 anni muoiono di malnutrizione e malattie curabili. 1 su 4 non va a scuola), scontrandomi con pregiudizi incrollabili…”

Una realtà infarcita di credenze arcaiche

Esatto. Se ad esempio un bambino ha un attacco di appendicite i genitori non lo portano in ospedale, ma dallo stregone per fare il rito voodoo. Poi, quando capiscono che non c’è più nulla da fare lo portano in ospedale: ma nella maggior parte dei casi è già tardi. Nell’ospedale pubblico di Saint Damien (accanto al Saint Luc) curiamo 80.000 bambini l’anno in maniera totalmente gratuita.

Donatella Di Paolo nell’ospedale pubblico di Saint Damien

So che la situazione di violenza è un problema enorme ad Haiti

Nelle bidonville di Port of Prince, fra le case sventrate, nasce tutta la delinquenza. I ragazzi abbandonano la scuola e vengono arruolati fra le fila della malavita. In tutto questo disastro diventa fondamentale la figura carismatica di Padre Rick, un medico-sacerdote che da oltre trent’anni si occupa dei bambini e dei ragazzi ai margini o coinvolti nella criminalità organizzata, costruendo le basi perchè possano avere un futuro. Ma è dura, durissima. Non è difficile trovarlo in chiesa di primo mattino, a celebrare la messa in suffragio di tante bare bianche allineate.

La pandemia, che tipo d’impatto ha avuto nella situazione haitiana?

In un paese da quarto mondo come Haiti, si è fatto e si fa quel che si può. Mantenere una sorta di ordine, il rispetto del distanziamento, la fornitura dei presidi, se è difficile da noi, lascio immaginare in un luogo come Haiti: difficilissimo, in alcuni casi impossibile da gestire.

Che posto occupa, per il volontario, il tema dell’incolumità personale, della paura che rischia di sottrarre la concentrazione e l’impegno nelle cose di ogni giorno?

Quando si va in questi paesi la consapevolezza del rischio è importante. Noi, ogni volta che ci muoviamo abbiamo la scorta. E’ assolutamente vietato fare un passo senza la scorta. Nell’angolo del tuo cuore, sai che la paura esiste, eccome. Ma poi la dimentichi, perchè t’innamori di Haiti, sei assorbito totalmente dalla meraviglia e dall’anima di queste persone.

E’ inevitabile un accenno alla vicenda di Silvia Romano. Cosa si sente di dire in queste ore?

In primis, l’ammirazione per lei e per il suo lavoro. E’ impossibile peraltro non stigmatizzare il comportamento di coloro che vigliaccamente insultano e minacciano. Gli stessi che poi paradossalmente predicano con la frase trita e ritrita “aiutiamoli a casa loro”.  Vorrei, infine, dirle semplicemente “Grazie”, per il suo sorriso.

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