Vallanzaska: il ritorno

1510530_10151862702188284_121939461_nI Vallanzaska tornano a suonare. Il tuor inizierà questa sera al Circolo Randal di Setri Levante, mentre già domani 7 marzo saranno al circolo Arci di Seregno, il Tambourine. Il gruppo SKA più famoso in Italia è stato fondato il 14 febbraio del 1991, data che ha segnato l’inizio di una storia d’amore per la musica, che dura ormai da ventiquattroanni. Ai loro concerti trovi:Dava, alla voce – Lucius, alle chitarre – Skandi alle tastiere – Spekkio al sax – Vanny, al basso – Piras, alla tromba – Bini, alla batteria. Di anni ne sono passati, ma la loro musica con toni freschi ed entusiasmanti, riesce a rendere unica ogni loro esibizione, creando con il pubblico un continuum di divertimento e di emozioni.

Abbiamo intervistato Davide “Dava” Romagnoni.

Ventiquattro sono gli anni di successi, come li vivete adesso che siete cresciuti?

Li viviamo molto bene, per noi è una passione quella dei Vallanzaska. L’aspetto fondamentale è la musica, poi siamo diventati anche un gruppo di amici e alla fine un  gruppo di lavoro. Non c’è nulla di miracoloso, tanta applicazione e tanto studio di tutto ciò che comporta. All’inizio si vive tutto come una novità, poi gli eventi iniziano a ripetersi e alla fine si creano quegli equilibri tali per cui non riesci più a farne a meno. È un po’ come l’amore: all’inizio sei innamorato, poi va a finire che anche se il sentimento cambia, perché matura, quella persona te la sposi.

Cos’è cambiato rispetto allo scenario dei primi anni Novanta?

Innanzitutto, siamo cambiati noi. Questa formazione c’è da ormai dieci anni ed è modificata  rispetto all’originale, perché il gruppo è nato alle superiori. Sono diverse le città in cui suoniamo: dapprima solo Milano, ora a livello nazionale.

Secondo te la percezione del pubblico è cambiata?

Mentre una volta veniva solo chi ascoltava musica SKA, ora abbiamo un gruppo molto eterogeneo: lo studente universitario, il padre di famiglia, i ragazzini.. per un certo verso siamo un gruppo popolare, ma allo stesso tempo di nicchia.

In questi anni qual è stato il punto di forza del vostro gruppo?

Credo che sia la consapevolezza di sapere quanto è bello suonare e girare per suonare. È una scelta talmente particolare ed estrema che diventa necessario suonare e scrivere canzoni, proprio per poterlo mantenere. Sicuramente, discutere dei problemi e cercare di risolverli nel momento in cui si presentano, è come essere in una coppia.

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Invece la più grande difficoltà?

Il problema più grande è sicuramente legato al lato commerciale: tutte le band stanno subendo una grande perdita, perché ormai i dischi non si vendono più e questo rappresenta un ostacolo economico. Un altro aspetto è non riuscire a suonare, quando sei fermo e non lavori, rappresenta un pericolo, perché rischia di cessare la motivazione per cui rimanere un gruppo. Ad esempio, noi abbiamo imparato a gestire queste situazioni, che si presentano quando finiscono i tour, andando in sala prove e cimentandoci in cose nuove.

Parlando di Thegenerazione sono presenti dei testi anche piuttosto impegnati come Cr(Easy) e Lettera, da dove nasce l’esigenza di trattare queste tematiche?

Per quanto riguarda Cr(easy) il tema è impegnato, ma il modo in cui lo affrontiamo è molto ironico. L’idea nasce dalla crisi greca, però noi in realtà parliamo della crisi di un musicista, che quando non viene considerato da nessuno va appunto in crisi. Mentre Lettera, è una canzone ben diversa. Innanzitutto è l’unica seria, e a parte, rispetto allo stile dei Vallanzaska. Parla della Shoah, in particolare. Personalmente sono laureato in storia e tra i miei pensieri mi si è riproposto questo vissuto. Di fatto, in Lettera, racconto la storia di Primo Levi, di chi ha avuto una vita stravolta da una sofferenza simile. La forza di questa canzone è parlare dell’accaduto senza filtri, quindi resa appositamente asettica e con un ritmo marziale. Alcuni mi hanno detto che, avendo svolto un lavoro simile, avremmo dovuto fare un’altra canzone che metta in risalto la situazione catastrofica palestinese. Rispondo che Lettera non è nata per parlare degli ebrei, ma dello sterminio nazista. È nata per parlare della giornata della Memoria.

A proposito di Lettera, sei andato anche alle scuole medie a presentarla, proprio in occasione della giornata della Memoria. Come hanno reagito i ragazzi?

È stata un’esperienza molto emozionante. Sono andato alle scuole medie e se fossi stato io in quei ragazzini mi sarei preparato con la bic e le palline di carta, in realtà erano molto attenti. È stato organizzato molto bene, prima ho suonato con l’acustica la canzone insieme a i professori di musica della scuola, che avevano studiato la canzone, e poi i ragazzi mi hanno fatto domande, tra l’altro mai banali.

Te ne ha colpito qualcuna in particolare?

Sì, uno mi ha chiesto “Perché si chiama Lettera?” oppure un ragazzo mi ha domandato, perché nel testo si dice “dottore con la faccia da dottore” e in effetti è un verso quasi ermetico che ha un significato importante: un medico che per antonomasia dovrebbe aiutare a guarire, diventa invece un aguzzino che conduce alla morte.

La vostra capacità sta proprio nel proporre dei temi riflessivi, con un tono ironico. Secondo te che cosa è più apprezzato?

Secondo me tre aspetti: i testi, per i quali noi siamo molto forti; i temi di fiati, ci sono pezzi di alcune delle nostre canzoni che vengono presi per fare delle sigle, come sì sì sì no no no; i concerti, ci dicono che ogni volta è sempre diverso, anche se rispettiamo la stessa scaletta.. un po’ perché io mi dimentico qualche canzone, un po’ perché ci proponiamo per come siamo fatti. Penso proprio che il pubblico apprezzi la nostra autenticità.

C’è una domanda che devo proprio farti..

Perché Vallanzaska?

No… non è questa! Dato che ormai l’apertura di EXPO è alle porte, dopo cinque anni dall’uscita di quella canzone cosa ti senti di dire?

Dopo cinque anni e pur non essendo un indovino, essendo in Italia, i fatti sono andati esattamente come la canzone descrive: la canzone sosteneva che sarebbe stata una grande rapina, è storia che tantissime delle aziende siano state coinvolte in indagini. Personalmente, non sono contro l’EXPO e per assurdo, non mi rimane che andare a vedere.

Da dove è nata?

Mi ricordo che giravo per Milano ed erano dei giorni in cui era pulitissima, non esisteva nulla, nemmeno una scritta spray, nemmeno negli interni delle vecchie stazioni. Succede che poi guardai il TG regionale e scoprii che proprio in quei giorni veniva a Milano la Commissione per constatare se la città fosse idonea, quindi la Moratti si era adoperata per ripulire la città, a dimostrazione del fatto che i soldi li avevano. Due giorni dopo ancora, scopro che Milano vince su Smirne e da subito mi sono messo a cantare EXPO sulle note di Sex Bomb, in modo del tutto casuale e così ho avuto l’idea di comporre una canzone sull’EXPO.

C’è una canzone a cui tu sei più affezionato?

Ce n’è una che si chiama Bicchiere che non facciamo mai, ma anche Generazione di fenomeni, che dà nome all’ultimo album.

Qualche giorno fa ho intervistato i FDMI e anche loro vantano nei loro brani dei riferimenti alla pasta, vedi Spaghetti Balkan e Sex Music Pasta, mentre voi avete composto Spaghetti Ska. Siete dei mangiatori accaniti di pasta?

In realtà siamo sponsorizzati dalla Barilla (ride..). In questo caso il testo era stato composto da Lucio e originariamente era stato intitolato ITALIAN SKA, diventata poi SPAGHETTI come metafora.

Cosa avete in serbo per il vostro futuro?

Da domani riprendiamo con le date. Sicuramente proporre già le nuove canzoni, escogitando un modo diverso, non componendo un album.

Quale sorprese avete in mente per il vostro tour?

Suonare degli inediti, e poi come ti dicevo prima, ogni concerto è diverso.

L’8 di marzo ricorre la festa della donna. C’è un brano che dedicheresti al genere femminile?

Oramai da tre album mettiamo sempre un brano dedicato all’amore e alla donna. C’è anche una canzone che si chiama Piccola, in cui invitiamo il mondo maschile a fare un passo indietro, lasciando le donne come protagoniste dell’esibizione, è dedicato proprio a loro.

Tra i nuovi gruppi emergenti chi citeresti?

Le teste e gli Uniposka.

Sei contento che non ti ho chiesto perché Vallanzaska?

Contentissimo!

Chiara De Carli

RIPRODUZIONE RISERVATA

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