di Mattia Gelosa
Superstizioni quotidiane a parte, Venerdì 13 è una data speciale per una grande categoria di cinefili, quella dei fan dell’orrore: si intitolano proprio così, infatti, i 12 film di una delle serie cinematografiche più famose di sempre!
Prendendo spunto da alcuni fatti reali, il regista americano Sean Cunningham racconta una trama scarna che poi sarà un canovaccio utilizzato per decine di pellicole: un gruppo di ragazzi si reca a lavorare presso il Camp Crystal Lake, campeggio che riapre dopo 23 anni di chiusura. Infatti, anni fa un ragazzo, Jason Voorhees, annegò nel lago e il personale fu accusato di non aver fatto sorveglianza e la struttura sequestrata.
L’arrivo del gruppo al nuovo campeggio avviene proprio nel giorno di venerdì 13 del 1980 e subito la situazione vira al peggio: un killer sanguinario armato di machete uccide uno ad uno i ragazzi. Si scoprirà che si tratta della mamma del bambino morto in passato, pronta a vendicarsi di lui eliminando chiunque lavori al Crystal Lake, ma anche che Jason in realtà è ancora vivo: la rivelazione finale sarà l’aggancio per dare il via alle altre 11 pellicole, più surreali e sempre più splatter, in cui proprio Jason uccide chiunque incontri vestito con una tuta blu e una maschera da hockey, armato sempre con il fido machete.
Venerdì 13 è un film che oggi appare scontato, ma ha avuto la fortuna di portare al grande successo l’idea di una catena di delitti che diventa protagonista della vicenda e, anzi, diventa essa stessa il film e la sua trama. Un 10 piccoli indiani che si fonde con la truculenza e la violenza del sangue che ora scorre a fiumi e in primo piano, dove lunghi inseguimenti che ricalcano lo schema preda-cacciatore tengono lo spettatore col fiato sospeso e creano suspence prima che sopravvenga l’arrivo di una morte spesso paradossalmente velocissima.
Prima, non a caso, scrivevo che Cunningham ha portato la catena di delitti al successo mondiale, non che l’ha ideata, perché effettivamente in Venerdì 13 abbiamo anche un po’ d’Italia.
Il trailer di Venerdì 13, che già mette in chiaro come la serie di delitti sia in pratica la trama del film
Dagli anni ’60 almeno per un ventennio, il nostro paese è stato uno dei grandi baricentri del cinema di genere del terrore e questo prima ancora dell’avvento di Argento, che ne sarà il massimo esponente, grazie a un altro autore, meno noto, ma ancora più importante: Mario Bava.
Il regista sanremese è stato quel che si dice un precursore, colui che ha avuto incredibili intuizioni poi usate come cliché in qualunque film e basta vedere come creò per primo tensione grazie a un rubinetto che perde ne La goccia d’acqua per capirlo.
In questo caso, però, a interessarci è il suo Reazione a catena, del 1971 e quindi di molto anteriore all’inizio della saga di Jason. Bava distrugge completamente l’idea di trama per un film e mette uno contro l’altro tutti i parenti di una vecchia baronessa vittima di un delitto: l’eredità, una grande casa e una tenuta vicino a un lago, fanno gola a tutti e presto qualcuno decide che una tale motivazione giustifica anche il delitto dei famigliari. Uno ad uno, i presenti vengono eliminati in modo brutale o con un effetto sorpresa, oppure, appunto dopo una lunga scena a inseguimento.
Trama, genere, ambientazione lacustre, la presenza di un machete e alcune modalità di omicidio presenti nel film americano ricalcano le idee di Reazione a catena in modo troppo fedele perché si possa pensare a un caso fortuito.
Con questo film, nel 1971, nasceva quindi non solo il genere dello slasher, ma anche una matrice che poi sarebbe stata usata molto spesso in futuro, non solo nella saga di cui oggi festeggiamo quello che potremmo definire l’onomastico!
Come spesso accade, il prodotto derivato acquista più fama dell’originale, ma ne è inferiore: il film di Bava sfrutta i grandi effetti speciali di Carlo Rambaldi, sa giocare molto meglio con le atmosfere crepuscolari del lago e ha un grande cast, con attori quali Leopoldo Trieste, Luigi Pistilli e Laura Betti.
Da ammirare soprattutto la scena iniziale in cui il regista italiano, grazie anche alla musica di Stelvio Cipriani, inquieta lo spettatore e trasmette al contempo tutto il senso di solitudine dell’anziana donna, disabile e solitaria nella sua antica dimora.
La sequenza iniziale di Reazione a catena
Ingegnoso anche il famoso momento del delitto con la lancia: due giovani impegnati in un amplesso sessuale sono entrambi trafitti dalla stessa arma. In Venerdì 13 II la scena è praticamente stata rigirata in omaggio al maestro ligure.
Oggi, dunque, non solo ricordiamo una saga famosissima e ancora di grande successo nei festival di genere, ma ne approfittiamo anche per celebrare un talento nostrano ovunque riconosciuto come un maestro, ma ancora poco noto proprio nel nostro paese.
Come si suol dire, nemo propheta in patria!