Viaggio nell’arte: Giovanni Fei

Ilaria Pullè in arte Billy Polly

Poche notizie su Paolo di Giovanni Fei, notevole artista senese, membro del Consiglio generale della Repubblica di Siena; valente pittore, piuttosto ricercato tra gli ambienti clericali in cui, tra le esigue informazioni, è possibile reperire testimonianza di alcune interessanti committenze tra cui una Presentazione della Vergine al Tempio, nel 1398, da parte del Camerlingo dell’opera del Duomo, per un compenso di ben cinquanta fiorini d’oro.

Il maestro del Sassetta – uno dei tanti pittori di cui si apprezza l’opera anche conoscendone gli eccelsi allievi – non assurge ai livelli di mistero dell’autore latino Lucrezio, autore del De rerum natura, talmente enigmatico da indurre a dubitare della sua stessa esistenza, non fosse per una sporadica citazione epistolare da parte di Cicerone, tuttora non destinata a fugare tutti gli eventuali dubbi, ma rimane comunque ragionevolmente occulto.

Di lui conosciamo la continuità dell’arte senese di Simone Martini e Filippo Lemmi, e sappiamo che, con probabilità, fu allievo di Bartolo di Fredi, per quanto le sue opere siano naturalmente tutte attribuite, soprattutto quelle realizzate nei primi anni della sua vita, particolarmente importanti nell’ambito di una produzione delicata ed ispirata.

Come si evince dall’opera riportata, una splendida Assunzione della Vergine, tema molto in voga all’epoca, tuttavia riletta in chiave caratteristicamente interpretativa, l’autore non è immune dalla tipica rigidezza gestuale del tempo, determinante quella innaturale gestualità, nonché fissità degli sguardi, atta a collocare le raffigurazioni in una suggestiva, seppur bloccata, imposta lettura del fatto rappresentato.

Paolo di Giovanni Fei ha comunque il pregio di esprimere una marcata volontà diretta ad un tentativo di smussare le regole, per quanto comunque ingabbiata in schemi al tempo difficilmente rinunciabili, mostrando una tendenza a modificare concezioni spaziali e rielaborare strutture architettoniche secondo moduli tendenzialmente inaspettati ed impianti prospettici opportunamente innovativi.

Immagine: web

Un modus interpretativo a tratti vivace, concezione in seguito ereditata dal Sassetta, il quale trovandosi a dover temporalmente dialogare con Masaccio ed il suo esuberante realismo, ne rifiuta alcune radicali condivisioni preferendo muoversi in un ambito più padroneggiato e misticheggiante, tra onirici, teatrali cherubini menestrelli e sorpresi apostoli, questi ultimi occupati a constatare la presenza, all’interno del sepolcro di Maria, di un improbabile letto di fiori, con la Vergine accolta in cielo al di sopra delle loro teste, unicamente scorsa da un solitario adorante, intento a celebrarne il visibile miracolo.

Una visione mariana quasi ascetica, con la Madonna, orante e composta, accomodata su un trono di nuvole per l’occasione severamente modellato, le cui stesse pieghe scultoree del vestito sembrano sostenerne la ieratica figura.

Degna di nota, la superba dichiarazione orchestrale degli angeli musicanti, ognuno provvisto del proprio strumento musicale, diverso da tutti gli altri, quasi precettati nell’onirica surrealtà, le cui espressioni del viso a tratti tradiscono un entusiasmo non proprio genuino, a differenza di quelli proposti in seguito da Melozzo da Forlì, convinti esecutori di consapevoli, immaginifiche composizioni…

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