Viaggio nell’arte: I dannati del Duomo di Orvieto

di Ilaria Pullè in arte Billy Polly

Secondo il religioso Luca Pacioli, autore del Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalita della Divina Proportione, Luca Signorelli può a buon diritto fregiarsi del titolo di ‘degno discipulo’ di Piero della Francesca, attributo ovviamente proveniente da chi con sintesi ed essenzialità era abituato a confrontarsi quotidianamente.

Tutto ciò è certamente vero, per quanto occorra ricordare una doverosa particolarità legata alla differente ricerca dei due autori: mentre Piero della Francesca si sofferma sulla ricerca dell’immutabilità aspirante all’eterno, Luca Signorelli ne ‘corregge’ l’espressività ubriacando le immagini di una costante, vorticosa energia, il cui dinamismo si estrinseca non solo nell’affollamento, ma addirittura nella vera e propria resa lineare, spesso manifestata attraverso maestose figure a malapena contenute nella cornice dell’opera, nonché nella realizzazione degli oggetti, sovente presenti in una forte e caparbia ingerenza.

Tale grandiosa concezione personale si esplica ai massimi livelli nella realizzazione della decorazione della Cappella di San Brizio, presso il Duomo di Orvieto, dove il Signorelli interviene a completare l’opera del Beato Angelico.

In un momento storico decisamente complicato – a poca distanza dalla morte del discusso Savonarola, e con domande religiose sempre più frequenti e impellenti, terreno preparatorio all’imminente riforma luterana – l’artista riceve precise disposizioni riguardo alla stesura degli affreschi, i cui temi, studiati ed elaborati dai teologi del loco, mirano a rinnovare negli astanti rigorosi moniti di peccaminosa dannazione, propugnando visioni e minacce dal sapore apocalittico, che l’artista peraltro trova, grazie ad un intrinseco plasticismo a lui caratteristicamente congeniale, assolutamente fattibili e adatti. Non è casuale la migliore resa dei dannati rispetto ai beati, questi ultimi troppo sobri per poter essere trattati in maniera attivamente adeguata.

Prendono così corpo, è il caso di dirlo, fisici nudi rapinosamente avvinghiati e maltrattati, in ossequio ad una carica emotiva impietosa ed allusiva, le cui voluttuose scivolate, a tratti goliardico-lussuriose, non mancano di provocare sconcerto orrorifico nell’osservatore, il quale si ritrova al cospetto di immagini che poco o nulla lasciano all’interpretazione personale, se non per alcuni curiosi dettagli forieri di latenti maldicenze.

Si noti il particolare della donna trasportata dal demone, in procinto di essere scaricata nella fossa dei dannati, addirittura sbeffeggiata dall’essere alato, che si volta a guardarla, ghignante: è la stessa che appare in altre parti dell’affresco e non si tratta di una scelta casuale dovuta a mancanza di modelle reperibili: pare sia una ex-fiamma del Signorelli, con la quale si dice il pittore avesse intrapreso una relazione poi interrotta a causa del di lei tradimento.

L’autore non si ‘esime’ dal punirla, persino autoritraendosi nelle sembianze di demone bluastro intento ad abbrancarla.

Immagini che hanno ispirato molti: lo stesso Michelangelo si racconta, nel Giudizio Universale della Cappella Sistina, avesse inteso imitare ‘l’andar di Luca’, mentre durante il tour Aphrodite, la popstar Kilye Minogue, nell’esecuzione del brano Closer, ha proposto una sorta di versione angelicata dell’immagine, volteggiando sospesa sulle spalle di un prestante angelo.

In quanto al Signorelli, e alla sua vendetta ‘pittorica’, conferma come tale modo di infierire e attaccare esista sin dai tempi più antichi, e al di là delle immancabili polemiche, bisogna ammettere che Shakira non si è inventata nulla…

Luca Signorelli (1445/50-1523), I Dannati, 1499-1504, affresco, Orvieto – Duomo, Cappella di San Brizio

Immagini: web

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