Viaggio nell’arte: la Pala di Corciano

di Ilaria Pullè in arte Billy Polly

Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, nasce a Città della Pieve, un piccolo comune in provincia di Perugia, sito al confine tra Umbria e Toscana e dominante la Valdichiana – citato anche da Carlo Verdone nel film Un sacco bello: è il luogo in cui Ruggero, Fiorenza e gli altri novelli figli dei fiori desiderano realizzare il proprio progetto di comunità internazionale – ed è considerato il più importante tra i pittori umbri.

Celebre per lo stile elegante ed i cromatismi nitidi e brillanti, si forma presso la bottega del Verrocchio, nota per essere frequentata da giovani di straordinario talento, tanto che egli si ritrova tra i compagni di percorso sia Sandro Botticelli che Leonardo da Vinci.

È proprio con quest’ultimo che Perugino sviluppa una particolare intesa, tanto da essere ricordato da Giovanni Santi, padre di Raffaello, nella sua Cronaca rimata, del 1492, con i versi: ‘due giovin par d’etade e par d’amori, Leonardo da Vinci e ‘l Perusino, Pier della Pieve, ch’è un divin pittore’.

Sarà proprio il geniale Leonardo, particolarmente attratto dai fenomeni naturali, a destare nel compagno umbro la peculiare attrazione determinata dal nuovo metodo di concepire l’arte, il quale in parte ne assimilerà alcuni elementi tuttavia non in grado di scalfire una concezione dei dipinti tutto sommato piuttosto statica, a tratti teatrale.

Sì, poiché mentre rimangono innegabili sia fama che influenza del Perugino riguardo la produzione dell’epoca, tali da determinare una diffusione imponente delle sue opere, occorre anche valutare la ragione di queste committenze, sia da parte di signori che di religiosi. La risposta non rimane confinata esclusivamente al talento pittorico, peraltro fuori discussione, ma trova un solido fondamento anche nell’incapacità di scontentare chiunque.

Le figure rappresentate, infatti, pur maestosamente raffinate e dotate di palese grazia, appaiono delicatamente svagate e poco dirette alla ricerca di un espressività originale, in ossequio alla rappresentazione di un equilibrio artefatto da apparire teatrale.

Le stesse pose atteggiate, in linea con le convenzioni dell’epoca, finiscono per apparire stereotipate: in grado di soddisfare la maggior parte dei committenti, i quali ritrovano quanto previsto nelle aspettative, ma altresì una manifesta mancanza di originalità.

Motivo per cui, comunque al termine di una lunga ed onorata carriera, in seguito alle forti critiche conseguenti la realizzazione dell’Annunziata – poi definita La disfatta dell’Annunziata – l’autore si rende conto del definitivo superamento della propria arte.

La sua ampia e rinomata bottega vedrà, tra gli altri, il giovane Raffaello, il quale si rivelerà saldamente in linea con lo stile del maestro diventandone un fervente ammiratore, a tratti imitatore: alcuni volti del pittore urbinate sono praticamente speculari a quelli del Vannucci, anche se in seguito, ricercando la propria strada originale ed innovativa, egli se ne discosterà affrancandosi, a differenza del maestro, sempre più rinchiuso in sé stesso e relegato a schemi ordinari e ben conosciuti.

Non fa eccezione in tal senso l’opera proposta, per quanto di mirabile esecuzione, e comunque, insieme al resto della produzione dell’artista, a tutt’oggi sempre apprezzata ed ammirata.

La Pala di Corciano, di cui l’Assunzione della Vergine costituisce l’elemento principale, mostra, come di consueto, la Madonna assunta in cielo, accolta da festosi angeli talvolta in atteggiamento devozionale, talaltra equipaggiati di strumenti musicali che appaiono fissati nella previsione di un accordo. È l’incipit di una partitura priva di esecuzione, al cospetto del vistoso stupore degli Apostoli sottostanti, i quali quasi attoniti assistono alla scena, presente tuttavia un dettaglio meritevole di essere sottolineato.

Gli Apostoli, ovviamente rimasti in undici dopo il tradimento di Giuda, sono divisi in due gruppi rispettivamente di cinque e sei elementi. Al centro, inginocchiato, San Tommaso, riconoscibile dalla cintola della Vergine sul braccio.

Si tratta di un episodio riportato esclusivamente nei Vangeli apocrifi, in cui si racconta di come la Madonna avesse effettivamente donato tale oggetto a Tommaso: esiste a tal riguardo anche un bel dipinto di Benozzo Gozzoli, parte di un polittico risalente al 1450 e oggi custodito presso i Musei Vaticani, in cui è possibile vedere la Vergine nell’atto di porgere la suddetta cintola all’apostolo, e alcuni frammenti della stessa sono oggi dislocati presso varie chiese, da quando, intorno al IV secolo, in cui era presente nella città di Odessa, venne portata a Costantinopoli dall’imperatore Arcadio.

In occasione dei cinquecento anni dalla morte, l’artista viene quest’anno ricordato, nella città di Senigallia, con la mostra Omaggio a Perugino, incentrata sulla Pala di Senigallia, attorniata da altre opere, anche di epoche differenti, atte a magnificarne fama e ricordo…

 

Perugino (1446-1523), Pala di Corciano – Assunzione della Vergine, 1512, tempera su tavola, 226×146 cm., Corciano – Chiesa di Santa Maria Assunta

Immagine: web

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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